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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2013 alle ore 07:38.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:42.

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LUGO (RAVENNA) - «Il timore, per una Pmi di un centinaio di lavoratori, era finire fagocitata dalla casamadre tedesca. E invece non solo è stata valorizzata, ma ha beneficiato di un cambio di mentalità per cui la manodopera qui non è vista come un costo e le Rsu non sono un fastidio interno da sopportare, tutt'altro. Le maestranze sono considerate il vero valore aggiunto, si stanno assumendo giovani e le stabilizzazioni si susseguono dopo 3-4 mesi di prova».

Davide Monti, funzionario della Cgil di Ravenna, porta il caso della Dm Filtration di Lugo di Ravenna come esempio positivo, non solo nelle relazioni sindacali, del passaggio in mani alemanne. La divisione filtri della storica azienda romagnola Dm, fondata nel 1923 dalla famiglia Melandri, è finita nell'ottobre 2011 sotto il controllo – all'80% prima e al 100% un mese fa – della Passavant Geiger GmbH della multinazionale Bilfinger specializzata in tecnologie ambientali e trattamento acque.
Un gruppo quotato da 8,6 miliardi di fatturato e 72mila dipendenti che a Lugo ha trovato «un gioiellino di tecnologia: eravamo e siamo leader mondiali nei filtri per la separazione solido-liquido, esportiamo il 98,5% del nostro business e siamo riconosciuti in tutto il mondo per le capacità tecniche e professionali. Il pregio che va riconosciuto alla proprietà tedesca è proprio quello di aver capito e riconosciuto il nostro valore», afferma Rosario Eduardo Tagliavini, amministratore delegato di quella che oggi si chiama Bilfinger Water Technologies Srl.

Non parla di cambi di rotta l'ad, «anche perché la casamadre non ha minimamente toccato il nostro assetto, vincente già prima dell'acquisizione: siamo una via di mezzo tra un'azienda meccanica e uno studio di ingegneria, abbiamo un centro R&S all'avanguardia mondiale con cinque ricercatori e una filiera esterna di una trentina di aziende che ci permette commesse rapidissime e flessibili». Un cammeo che nel 2011 era di 101 addetti e oggi ne conta 126 (età media 36 anni), con un fatturato medio annuo di 45 milioni, un tasso di sindacalizzazione altissimo, e «Rsu monocolori Fiom Cgil – nota il sindacalista – qui non si muove foglia che non vengano informati immediatamente tutti e tre i rappresentanti, atteggiamento che elimina le incomprensioni». «Non esiste conflittualità, in 15 anni che lavoro in azienda non ricordo uno sciopero – conferma Tagliavini – anche perché andiamo così bene che non chiudiamo mai neppure in agosto». Con il vantaggio che si è passati dai buoni rapporti familiari e di fiducia ante acquisizione alla serietà formalizzata del made in Germany in tema di rapporti di lavoro, di qualità e di sicurezza.

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