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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2013 alle ore 10:51.

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Ormai anche in Procura a Bologna hanno perso il conto tra inchieste esposti e accertamenti relativi all'amministrazione regionale dell'Emilia Romagna. Una serie di scatole cinesi di cui si fa fatica a ritrovare l'inizio e non si immagina la fine: dai fascicoli di Terremerse, per cui fu indagato anche il Governatore Errani poi prosciolto (ma suo fratello e altri funzionari della Regione, no) alle auto blu dell'ex presidente dell'assemblea legislativa Matteo Richetti, fino alla segretaria di Berasani, Zoia Veronesi, partendo dallo scandalo del cosiddetto Cinziagate ormai in viale Aldo Moro ci si dà del tu coi finanzieri.

La storia: era il 2010, l'inizio dell'anno, e l'Emilia Romagna si preparava alle elezioni regionali della primavera successiva. Bologna aveva da poco un sindaco che proprio da lì, dai palazzoni di viale Aldo Moro, si era mosso per guidarla con la competenza che solo un ex assessore al bilancio può avere.

Nel giro di una manciata di giorni Bologna perse il suo sindaco, costretto alle dimissioni, dopo che la Guardia di Finanza aveva fatto il suo primo ingresso in Regione, e lo aveva fatto a causa sua: per venire a capo di una serie di accuse alla luce delle quali lui, Flavio Delbono, aveva chiesto e ottenuto rimborsi per trasferte fatte assieme alla sua ex segretaria ed ex fidanzata. Illeciti quei rimborsi, costati a Delbono la poltrona da sindaco, un'accusa per peculato e un patteggiamento. A Bologna, allora, furono in tanti ad additarlo come 'scostumato approfittatore'. "Mai più un caso Delbono", dicevano a turno i suoi ormai ex compagni di democratico partito. Tutti indignati e tutti limpidi, i consiglieri dell'Emilia Romagna, che questa "è la Regione della trasparenza".

Oddio tutti, quasi tutti, o insomma la maggior parte, ecco.

Perché una volta che i finanzieri hanno iniziato a gironzolare nelle stanze della Regione poi sembrano non essere più riusciti a trovare l'uscita. Tant'è che a più riprese, diverse volte l'anno, l'ultima delle quali meno di un mese fa ci sono tornati. E si saran trovati bene, penserà qualcuno: che in effetti vuoi mettere una caserma con l'aula del consiglio?
Comunque dopo Delbono (Margherita sfiorita nel Pd) è la volta di Alberto Vecchi (affluente AN al grande fiume Pdl) a cui vengono contestati rimborsi chilometrici gonfiati (per una somma di 80mila euro) che secondo l'accusa non sarebbero giustificati dato che il consigliere vive a Bologna anche se ha la residenza sull'appennino, a 60 chilometri dal capoluogo. I fatti contestati risalgono alla scorsa legislatura e Vecchi è già stato rinviato a giudizio per truffa.

Altro partito altro scandalo: questa volta tra le maglie della giustizia a restare impigliato è l'ex capogruppo Idv, Paolo Nanni, canuto signore dalla battuta pronta e dalla smisurata ammirazione per Antonio Di Pietro. E' il 2012, i finanzieri, che ormai danno del tu agli uscieri di viale Aldo Moro, devono capire se Nanni, intanto eletto in Provincia sempre a Bologna, abbia speso correttamente 280mila euro, più della metà del denaro che costituisce il budget del gruppo. Salta fuori di tutto: viaggi, pranzi, cene, libri (per 1800 euro e, a quanto pare, destinati a quel gran lettore del genero di Nanni), regali e alberghi con parecchie stelle. Accusa: peculato. All'ex consigliere è stato notificato l'avviso di fine indagine, atto che normalmente precede il rinvio a giudizio.

«Dalla via che sono lì», come si dice in Emilia, i militari della Guardia di Finanza allargano le indagini agli altri gruppi, anche perché tra le altre cose Nanni risulta avere pagato alcune emittenti televisive locali per partecipare a delle trasmissioni. Ma non era il solo: come lui a pagare erano in parecchi: da Thomas Casadei del Pd (tornato alle cronache per avere chiesto due rimborsi di 50 centesimi per l'uso di un bagno pubblico), a Giovanni Favia (epurato eccellente del Movimento 5 Stelle). L'inchiesta sulle ospitate a pagamento è ora confluita in quella sulle spese pazze. E per la Procura, per le due Pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi incaricate delle indagini e supportate dal procuratore capo Roberto Alfonso e dal suo vice Valter Giovannini, il lavoro è immane.

«Piuttosto che fare benino tutto – spiega lo stesso Giovannini a chi gli chiede perché ora ci si occupi solo dell'ultima legislatura - abbiamo deciso di analizzare molto bene il periodo più recente. C'è molto da fare: ogni giorno emergono nuovi dettagli». In effetti prima erano le cene, poi gli alberghi, poi i gioielli di Tiffany, poi le tutine da bebè, quindi i fiori per la primipara, poi ancora una penna da 500 euro, gli zamponi, un divano, un microonde e un phon. Ieri sono state le ricariche dei cellulari. Domani? E' un altro giorno.

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