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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 08:19.

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Il progressivo ritiro delle truppe alleate dall'Afghanistan coincide non solo con un forte incremento delle attività talebane e delle violenze ma anche con una nuova esplosione della coltivazione di oppio. Dopo i promettenti risultati del periodo compreso tra il 2008 e il 2010, in coincidenza con l'incremento delle truppe alleate nel Paese, l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) ha registrato quest'anno un clamoroso boom nella produzione di oppio che ha raggiunto le 5.500 tonnellate (il 50% in più dell'anno scorso) e nell'estensione delle coltivazioni di papaveri da 154 mila ettari a 209 mila (più 36%). Un dato che supera anche il record di 193mila ettari registrato nel 2007 confermando e rafforzando il trend registrato a partire dal 2011, cioè dall'inizio della riduzione delle truppe della Nato.

Presentando ieri a Kabul il Rapporto sulla produzione di oppio in Afghanistan 2013, il direttore esecutivo dell'Unodc, Yuri Fedotov, ha sollecitato «una profonda riflessione» sottolineando che le province afghane di Balkh e Faryab (nel nord del Paese) hanno perduto lo status di "poppy free" riducendo le province prive di coltivazioni di oppio da 17 a 15 (su 34). Pur registrando un incremento di coltivazioni e produzione anche nelle aree settentrionali e occidentali, il Rapporto conferma che il 90% della produzione di oppio è concentrata in nove province incluse quelle meridionali dove più forte é la presenza dei talebani e degli altri gruppi armati anti-governativi. La sola provincia di Helmand, dove da dieci anni viene coltivata la metà dell'oppio afghano, ha visto le piantagioni espandersi del 34% negli ultimi 12 mesi con un incremento doppio rispetto alla vicina Kandahar (+16%).

Non è certo un caso che le due province meridionali siano anche le più "calde" sotto il profilo della sicurezza e costituiscano due "santuari" dei talebani da cui le truppe anglo-americane hanno accelerato il ritiro cedendo il controllo del territorio alle deboli forze afghane. La stretta attinenza tra presenza militare della Nato e coltivazioni di oppio è riscontrabile anche nel settore occidentale presidiato dal contingente italiano. Nella provincia di Badghis, evacuata un anno or sono dai militari italiani, le coltivazioni di oppio sono cresciute del 52 per cento rispetto al 2012 mentre in quella di Farah, da cui il ritiro italiano è stato completato solo nei giorni scorsi, le coltivazioni si sono ridotte del 12 per cento.

A favorire l'incremento delle coltivazioni contribuisce poi la reddittività dell'oppio che, nonostante una diminuzione del prezzo rispetto al 2012, rende ancora 145 dollari al chilo, dimostrandosi quindi competitivo con le colture alternative proposte dal governo. Le stime dell'Unodc valutano in circa 950 milioni di dollari, pari al 4 per cento del Pil afghano ( "gonfiato" dagli aiuti internazionali) il valore dell'oppio all'uscita dei luoghi di produzione con un aumento negli ultimi 12 mesi di circa un terzo che coincide con l'incremento dei profitti dei narcotrafficanti.

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