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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 13:59.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2013 alle ore 16:01.

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(Reuters)(Reuters)

La corsa a tranquillizzare è partita con un clamore che insospettisce più di un analista. Siamo davvero al riparo da una nuova crisi delle forniture di gas come quella che negli scorsi anni ci ha più volte tenuto con il fiato sospeso e la coperta a portata di mano?

Le forniture dalla Libia, come noto, sono bloccate. Paolo Scaroni, il capo dell'Eni, rassicura: stiamo facendo di tutto per rimpiazzarle, e l'Italia non rischia. Gazprom, il grande fornitore russo, sta pompando in Europa e in Italia quantità aggiuntive e giura che non non cadrà nella trappola che molti guai ha creato in passato con l'interruzione delle forniture attraverso l'Ucraina a causa dei ripetuti dissidi energetico-politici tra i due paesi.

Lo scorso inverno, in uno scenario simile, ce la siamo cavata, chiudendo la stagione fredda con gli stoccaggi di modulazione non ancora esauriti e gli stoccaggi strategici intatti. Quest'anno, con la crisi economica che perdura e i consumi di metano asciugati di oltre il 10% rispetto ai picchi di qualche anno fa, l'impegno di Scaroni dovrebbe avere un buon riscontro. Sempre che non prendono il sopravvento alcune "concomitanze" che secondo qualche esperto potrebbero riservarci brutte sorprese.

Concomitanze un po' sopite, nello scenario disegnato dai protagonisti ufficiali. Ma ben evidenti agli occhi degli analisti. Almeno quattro: l'attrito, più duro di quel che si vuol far credere, riaffiorate in questi giorni tra Russia e Ucraina; il ritardo delle nuove infrastrutture metanifere; lo Stato deficitario degli stoccaggi europei, in particolare di quelli francesi e italiani; i segnali di sicurezza e di possibile insufficienza delle importazioni di gas sia dalla Norvegia che dall'Algeria.

Ucraina rovente
E un curioso balletto di dichiarazioni quello rimbalzato negli ultimi giorni dall'Ucraina. Ieri l'altro il doppio sconcertante segnale. Prima una dichiarazione del ministro dell'energia di Kiev, Eduard Stavitski: ormai da cinque giorni l'Ucraina ha completamente bloccato l'import di gas dalla Russia a causa della controversia sui prezzi delle forniture aggravata dal debito insoluto e - ammettevano a mezza bocca gli ucraini - dagli attriti accesi dalla possibile firma dell'accordo di associazione libero scambio tra Ucraina e Ue che il Cremlino non deglutisce. Poi, appena un paio d'ore dopo, la precisazione: il blocco dell'import di metano usato per i consumi interni non avrà alcuna ripercussione sul transito di metano verso l'Europa.

Vale la pena ricordare che negli scorsi anni dichiarazioni di questo tenore sono state smentite dai fatti, procurando all'Ucraina l'accusa di intercettare abusivamente proprio le forniture verso l'Europa per coprire i consumi interni, con la conseguenza di far serrare i rubinetti da Mosca. E siccome l'Europa importa via Ucraina metà del metano russo, ovvero un quarto del suo fabbisogno e una parte preponderante di quel metano serve a coprire le nostre importazioni dalla Russia che valgono oltre un terzo del totale, ecco gli evidenti segnali di allarme, anche e soprattutto per noi.

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