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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2013 alle ore 06:49.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:44.

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La Regione Lombardia ha recentemente istituito la Dote unica lavoro (Dul) con la quale intende promuovere l'occupazione anche in relazione alle opportunità connesse alla manifestazione Expo 2015.

Si tratta di uno strumento attraverso il quale la Regione vuole sostenere la domanda integrata dei diversi servizi rivolti alla collocazione e riqualificazione dei lavoratori, giovani e meno giovani, in tutte le fasi di transizione occupazionale lungo l'arco di vita. Si vuole così mettere al centro la persona attraverso l'erogazione di servizi personalizzati di elevata qualità, in competizione tra loro e costretti a misurarsi con risultati concreti di inserimento lavorativo.

L'iniziativa si colloca nel modello istituzionale lombardo che da tempo considera accreditati allo stesso modo gli operatori pubblici e privati sollecitandoli, in sussidiarietà, a concorrere al bene comune della più alta inclusione nel mercato del lavoro. La dote favorisce una presa in carico non burocratica della persona che chiede di essere accompagnata ad un impiego corrispondente alle sue capacità o a quelle che potrebbero essere opportunamente integrate. Così, durante il tirocinio, nella prospettiva di una prima assunzione, si possono attivare percorsi formativi utili ad integrare le competenze scolastiche, mentre nei momenti di passaggio, obbligato o desiderato, da un lavoro ad un altro la persona può contare su analisi di opportunità di lavoro, bilancio delle competenze, azioni di scouting e riqualificazione professionale.

In tutti i casi, i servizi sono modellati sulla persone come il sarto disegna, taglia e cuce un vestito su misura per il proprio cliente.

La Dote è utile ad accedere a tutti i servizi, da quelli di base, di accoglienza ed orientamento, fino all'avvio di forme di autoimpiego. Gli operatori accreditati, per essere remunerati attraverso la Dote unica lavoro, sono tuttavia tenuti non solo ad una essenziale rendicontazione, fondata su costi standard, ma soprattutto a conseguire risultati dimostrabili. Questi si producono con l'avvio di un rapporto di lavoro (anche in somministrazione) della durata minima di sei mesi, così come la formazione viene rimborsata solo se la persona stipula un contratto di lavoro o attiva un tirocinio. La Dote, inoltre, ha una durata limitata: non più di sei mesi entro i quali l'ente accreditato deve raggiungere il risultato.

Governo e parti sociali dovranno seguire con attenzione gli esiti di questa esperienza nel momento in cui avvertono l'insufficienza dei sistemi tradizionali tarati sulla offerta più che sulla domanda e comunque indifferenti al risultato. La stessa idea di rafforzare i servizi pubblici in termini di costi fissi contrasta con le caratteristiche di una dimensione pubblica atavicamente atrofizzata dalla logica monopolista o dal finanziamento a prescindere e con il dinamismo di servizi privati orientati solo alle attività più remunerative come la somministrazione. E la stessa formazione, nel pubblico come nel privato, è apparsa spesso autoreferenziale e separata dalle altre tipologie di servizio.

Non sarà facile convincere la domanda di lavoratori, che le imprese tradizionalmente soddisfano attraverso canali informali e comunitari, ad affidarsi a intermediari. Vi potrà riuscire solo un faticoso percorso di rigenerazione ed integrazione dei servizi al lavoro fondato, come nel caso della Lombardia, sull'orientamento al risultato.

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