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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 11:15.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2013 alle ore 16:43.

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(Ap)(Ap)

Dallas, 22 Novembre 1963. John Kennedy viene assassinato mentre sfila in una limousine decapottabile. È passato mezzo secolo da quel tragico giorno e l'America cerca ancora un perché tra mille verità e speculazioni.

«Non capisco come dopo 50 anni siamo ancora qui a chiederci di chi sia la colpa dell'omicidio. Basta osservare la dinamica dell'assassinio per capire che dietro c'è la mano della mafia». A sostenerlo è Stefano Vaccara, giornalista italiano residente a New York, direttore del quotidiano online "La voce di New York" e professore al Lehman College, dove cura un corso dedicato alla Mafia. È autore del libro "Carlos Marcello, il boss che odiava i Kennedy", uscito in Italia per Editori Riuniti e presentato all'Onu nella versione inglese, "Carlos Marcello. The Man Behind the Jfk Assassination", edita da Enigma Books, in occasione del 50esimo anniversario della morte di JFK.

Qual è stata la reazione dei media americani e internazionali nei confronti del suo libro?
«È stata una reazione di meraviglia. Negli Usa continuano a uscire speciali sull'assassinio di Kennedy che seguono la versione proposta dalla Warren Commission, la quale però fu sconfessata dallo stesso Congresso americano nel 1979. In sostanza una nuova Commissione del Congresso che investigava sull'assassinio di JFK dichiarava che fosse assurdo ritenere Lee Harvey Oswald il solo e unico autore dell'attentato.
Lo stesso John Kerry ha dichiarato pochi giorni fa alla Cnn di dubitare fortemente del fatto che Lee Harvey Oswald abbia agito da solo».

Come è iniziata la sua indagine?
«Sono partito appunto dal rapporto del Congresso del 1979. Alla fine dell'indagine che durò tre anni, si sostenne che il boss mafioso di New Orleans, Carlos Marcello, nato col nome di Calogero Minacori, figlio di emigranti siciliani di Ravanusa, Agrigento, emigrati nel 1910 negli Usa, fosse il mandante più probabile dell'assassinio di John Kennedy. La commissione del Congresso riuscì a trovare una connessione tra Oswald, Jack Ruby e Marcello, non riuscì tuttavia ad avere le prove definitive e necessarie per condannare Marcello in un tribunale».

All'indomani dall'omicidio di Kennedy, il 52% degli americani credeva che il Presidente fosse stato vittima di una cospirazione. Nell'era Bush, nel 2003, tre americani su quattro si dissero convinti che la verità fosse ben diversa dalla versione ufficiale rilasciata dalle varie commissioni istituzionali. Nel suo libro lei scrive che «gli americani non sanno ancora come e perché il loro Presidente sia stato ucciso a Dallas. E forse c'è più di una motivazione per questa ignoranza».

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