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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 06:41.

Un secondo indicatore di grande significato riguarda la competitività dei settori culturali e creativi: un tema che è al centro delle politiche europee della cultura per il ciclo 2014-2020 e che acquista particolare importanza in Italia in vista del potenziale che il settore può avere nella definizione di un nuovo modello di sviluppo per il nostro sistema Paese. Il saldo della bilancia dei pagamenti del sistema della produzione culturale e creativa è in costante miglioramento a partire dal 2009, e fa registrare un ulteriore progresso nel 2012 rispetto al 2011, con un avanzo netto di 22.703 milioni di euro, che è il risultato congiunto di un aumento delle esportazioni e di una diminuzione delle importazioni con riferimento all'anno precedente. Il comparto presenta in particolare il secondo miglior surplus netto del sistema economico nazionale, inferiore soltanto a quello della meccanica, e uno dei pochi in attivo, e il quarto volume di esportazioni in valore assoluto dopo la meccanica, la chimico-farmaceutica, e la metallurgia.
Nel 2011, le industrie culturali e creative hanno generato il 10,1% dell'export totale italiano, per la gran parte nella componente delle industrie creative, che vale il 9,3% contro lo 0,8% dell'industria culturale – dati che rimangono pressoché costanti nel 2012. Considerando che il fatturato del settore culturale e creativo è pari al 5,4% del Pil, ciò significa che il settore è molto più orientato all'esportazione della media dell'economia italiana. Il settore culturale, in particolare, ha un orientamento all'esportazione pari soltanto ad un terzo della media dell'economia nazionale, mentre il settore creativo ha un orientamento pari a tre volte e mezzo quello medio nazionale. È questo un limite strutturale dell'industria culturale italiana che va affrontato.
Un terzo indicatore significativo, e soprattutto in un momento di crisi che brucia o mette a rischio un grande numero di posti di lavoro, è quello che misura appunto la capacità di assorbimento occupazionale dei settori culturali e creativi. Dal punto di vista dell'occupazione, la produzione culturale e creativa impiega al 2011 circa 1.390.000 persone, che passano a circa 1.397.000 al 2012, pari ad un passaggio dal 5,6% al 5,7% degli occupati del Paese, una percentuale leggermente aumentata nel corso dell'ultimo anno e persino rispetto al 2007, e mostra quindi una capacità di tenuta occupazionale del settore anche in periodi di forte crisi.
In Italia, dunque, in termini di impatto economico la produzione culturale regge il passo di quella creativa, ma il problema emerge quando si considera la capacità di circolazione internazionale della produzione che fa riferimento alle due sfere: la creatività presenta una propensione all'esportazione molto superiore. E questo è un dato significativo che merita una riflessione. Ci sono Paesi che hanno sviluppato una grande capacità di dare alla propria produzione culturale un'ampia circolazione a livello globale, ma nel caso dell'Italia questa capacità appare al momento relativamente modesta, e ciò finisce in ultima analisi per provocare danni anche alla nostra capacità di esportazione della produzione creativa. Nell'attuale ecosistema culturale globale, l'Italia è tenuta a galla più da una rendita di posizione fondata sull'eccellenza passata che sul dinamismo e l'interesse generato dalla produzione attuale.
LA BIBLIOTECA
Londra 1940 - La Holland Park Library dopo le bombe, foto simbolo del Manifesto della cultura lanciato dal Sole 24 Ore il 19 febbraio 2012 sul supplemento culturale Domenica con il titolo «Niente cultura, niente sviluppo». Il documento sollecitava l'allora Governo Monti a mettere la cultura al centro della propria azione per il rilancio economico del Paese; a sviluppare la cooperazione tra Ministeri e a realizzare un nuovo patto tra gestori del bene pubblico e operatori del mondo culturale.

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