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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2013 alle ore 10:32.
L'ultima modifica è del 23 novembre 2013 alle ore 10:46.

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Ali Akbar Salehi (Ansa)Ali Akbar Salehi (Ansa)

Una grande attesa, quasi spasmodica, si è creata in queste ore intorno al negoziato nucleare di Ginevra tra l'Iran e il Cinque più Uno (i membri del Consiglio di sicurezza Onu e la Germania): l'arrivo questa mattina e nella notte dei ministri degli Esteri viene adesso interpretato come un segnale positivo mentre nei giorni scorsi si era diffuso un certo pessimismo sulla possibilità di raggiungere un accordo.

Questo è il fine settimana più importante dell'anno per la diplomazia internazionale: un'intesa è destinata a delineare un cambiamento epocale del quadro della politica estera e non solo in Medio Oriente. Se invece si andasse verso un insuccesso è difficile prevedere quando ci saranno a breve altre chance. Dopo il fallimento del precedente tentativo, formalmente imputato all'atteggiamento oltranzista assunto dalla Francia - ma in realtà sotto la regia americana - il dialogo era ripreso mercoledì in un clima più teso, diverso da quello di ampio ottimismo che aveva caratterizzato l'incontro del 7 novembre scorso. C'è infatti la netta consapevolezza che questa è con ogni probabilità una delle ultime occasioni per bloccare, anche solo temporaneamente, le lancette del programma nucleare iraniano. Se l'opportunità dovesse sfumare, sarebbe molto difficile portare nuovamente l'Iran al tavolo del negoziato.

Resta da capire se le diplomazie coinvolte intendano utilizzare questa consapevolezza per avviare un dialogo costruttivo o se vogliano piuttosto soddisfare altri interessi, che non prevedono concessioni alla Repubblica Islamica, costretta a negoziare dall'effetto delle sanzioni e dell'embargo sull'export di petrolio, oltre che dalle misure finanziare che hanno accentuato l'isolamento della sua economia. Stati Uniti e Iran, i due protagonisti principali sono alle strette. Il presidente Barack Obama ha bisogno di un sucesso internazionale dopo essere uscito con le ossa rotte dalla crisi siriana e grazie soltanto all'iniziativa di Putin e del disarmo chimico di Damasco. In un accordo con Teheran deve affrontare l'ostilità del Congresso, favorevole a imporre nuove sanzioni agli iraniani, e la furibonda opposizione dei suoi alleati mediorientali, in primo luogo di Israele ma anche dell'Arabia Saudita.

L'Iran presenta come sempre due volti. Uno è quello pragmatico del nuovo presidente Hassan Rohani, l'altro dell'ala dura e ultraconservatrice, pronta a sabotare l'intesa sul nucleare. La Guida Suprema Ali Khamenei ha dato fiducia a Rohani ma non un assegno in bianco: la trattativa ha una scadenza e il ministro degli Esteri Zarif lunedì tornerà comunque a Teheran. Ecco perché gli occhi del mondo oggi sono puntati su Ginevra.

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