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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2013 alle ore 13:31.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2013 alle ore 15:26.

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L'India ha ribadito oggi la propria posizione a proposito dei marò secondo la quale «il caso non rientra tra quelli che sono punibili con la pena di morte». Lo ha detto oggi il portavoce Syed Akbaruddin rispondendo a una domanda dell'Ansa durante una conferenza stampa.

L'Agenzia nazionale d'investigazione indiana (Nia), incaricata dell'indagine sull'uccisione di due pescatori del Kerala nell'incidente che vede coinvolti i due fucilieri italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, avrebbe chiesto nel suo rapporto che i due marò siano giudicati sulla base di una norma approvata nel 2002 che prevede anche una condanna alla pena capitale.

La Nia, secondo quanto riferito dalla stampa locale, avrebbe inviato lunedì sera il suo rapporto al ministero degli Affari esteri e al dicastero dell'Interno a Nuova Delhi. Ma già il capo della diplomazia indiana Salman Khurshid, nei mesi scorsi, aveva assicurato che Latorre e Girone, in caso di comprovata responsabilità, non sarebbero stati condannati alla pena di morte.

Il governo italiano attende di vedere il capo di imputazione che sceglierà il giudice indiano. L'inviato del governo, Staffan de Mistura, non commenta le indiscrezioni della stampa indiana che rilanciano il rischio della pena di morte per i due fucilieri italiani detenuti in Indiai. «Abbiamo scelto di non commentare perché nel passato sui giornali indiani ci sono state illazioni senza conferme. Vogliamo invece vedere le conclusioni della polizia indiana, il capo d'accusa che sceglierà il giudice e solo a questo punto faremo i nostri commenti, decideremo le nostre mosse e contromosse».

La vicenda torna alla ribalta perché l'Hindustan Times ha avuto conferma ieri sera della consegna del rapporto dai ministeri degli Interni, Esteri e dalla stessa Nia. Parlando con l'Ansa, una fonte diplomatica ha tuttavia ricordato «che la decisione finale spetta al giudice che dovrà formulare i reali capi di accusa» a carico di Latorre e Girone. Il giornale sottolinea il forte contrasto esistente tra gli Esteri e gli Interni sulla vicenda. Lo scorso aprile, il ministro degli Esteri Salman Khurshid, infatti, si era impegnato con l'Italia sostenendo che il caso dei marò non rientrava fra quelli "rari tra i più rari" che prevedono l'applicazione della pena di morte. Lo stesso ministero degli Interni aveva modificato un suo ordine alla Nia rimuovendo il riferimento al "Sua Act".

La Sua Act, approvata nel 2002 in conformità con i trattati internazionali sulla sicurezza marittima, sarebbe al centro dell'acceso dibattito fra i due ministeri. La «legge per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione marittima e le strutture fisse sulla piattaforma continentale» stabilisce chiaramente che se qualcuno uccide un altro, sarà passibile di pena di morte (articolo 3, comma g e i della legge in cui si dice che "Chi causa la morte di qualsiasi persona sarà punito con la morte").

L'incidente della Enrica Lexie è avvenuto nel febbraio 2012 a 20,5 miglia nautiche al largo delle coste del Kerala, oltre quindi le acque territoriali indiane ma all'interno della cosiddetta «zona di interesse economico esclusivo» che si estende fra 12 e 200 miglia nautiche e su cui il Sua Act si applica. «La nostra logica - ha detto al giornale un responsabile della Nia - è che uccidendo i pescatori, i marò hanno commesso un atto che ha messo in pericolo la navigazione marittima. E siccome c'è stato un omicidio, sono passibili di essere accusati in base ad una Legge che prevede la pena di morte».

Secondo quanto riferisce ancora Hindustan Times, il ministero degli Esteri si è impegnato ad «assicurare che i due militari non siano perseguiti in base al Sua Act». «Questo sarebbe una violazione della promessa fatta da Khurshid - spiega - che ha il valore di una garanzia di uno Stato sovrano». Per questo, dopo la consegna del rapporto della Nia, il dicastero degli Esteri «farà un'attenta valutazione e esaminerà tutti gli aspetti legali prima di dare la sua posizione ufficiale».

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