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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2013 alle ore 11:53.
L'ultima modifica è del 29 novembre 2013 alle ore 16:17.

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Si avvicina la nuova inchiesta giudiziaria della procura di Milano su Silvio Berlusconi. È infatti la corruzione in atti giudiziari il reato ipotizzato, nero su bianco, dai giudici di Milano nei confronti del leader di Forza Italia, dei suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo, e di alcune ragazze ospiti nelle serate di Arcore, nelle motivazione del cosiddetto processo Ruby 2.

Silvio Berlusconi è «gravemente» indiziato del reato «di corruzione in atti giudiziari» in qualità «di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità» alle ragazze-testimoni, scrivono i giudici della quinta sezione penale del tribunale di Milano, presieduta da Annamaria Gatto, nelle motivazioni della sentenza che ha condannato a sette anni di reclusione Lele Mora ed Emilio Fede e a cinque anni Nicole Minetti per induzione e favoreggiamento della prostituzione.

Le motivazioni sono state depositate con qualche giorno di anticipo rispetto alla scadenza prevista. Corruzione in atti giudiziari è anche il reato ipotizzato per Karima El Marhoug e per il suo ex avvocato Luca Giuliante. Il legale si sarebbe interessato «ai vari pagamenti in contanti e bonifici» che Karima avrebbe ricevuto «periodicamente». La procura aspetta adesso la trasmissione degli atti per aprire la nuova inchiesta sull'ex presidente del Consiglio.

Secondo i magistrati, la riunione del 15 gennaio 2011 tra Berlusconi, gli avvocati e le ragazze del bunga bunga «non può certamente essere ritenuta rituale, legittima o rientrante nei diritti della difesa» perché serviva a mettere a punto la strategia difensiva nell'inchiesta. Secondo i giudici, «in seguito a questa riunione tutte le ragazze, testimoni nel nostro processo, iniziavano a percepire la somma di 2.500 euro ciascuna a tempo indeterminato». E questo, per i giudici, è inquinamento probatorio.

Le ragazze che percepivano i 2.500 euro mensili da Berlusconi, aggiungono gli estensori della motivazione, «rendevano al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l'uso di un linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale. In particolare si noterà la ricorrenza nelle deposizioni di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro. A precisa domanda, alcune non sapevano riferire il significato della parola o della frase utilizzata». Insomma, non ci sono dubbi, si legge nelle motivazioni, che per Berlusconi si possa ipotizzare il reato di corruzione in atti giudiziari.

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