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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2013 alle ore 22:25.

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Kenneth Lay (Afp)Kenneth Lay (Afp)

New York – Può passare forse inosservato ai più. Ma rimane un anniversario di quelli che lasciano il segno, nella Corporate America e a Wall Street. Dodici anni or sono, il 2 dicembre del 2001, un'America ancora preda dell'incubo degli attentati di Al Qaeda al World Trade Center e al Pentagono si svegliò con un altro trauma: il crack da record della Enron, gigante dell'energia e del trading delle commodities.

Sarebbe stato chiamato, e a ragion veduta, la "madre di tutti gli scandali". Una colossale truffa contabile durata anni e che, nel giro di due mesi dalla sua iniziale scoperta da parte della Sec, fece crollare un gruppo con ventimila dipendenti e che vantava ben 101 miliardi di dollari di fatturato. Un gruppo che nel giro di 15 anni era cresciuto dal nulla a settima società americana, con una presenza in 40 paesi. Peccato che le cifre di profitti e fatturato fossero false, un elaborato inganno tessuto grazie a reti di strumenti fuori bilancio che nascondevano crescenti e gigantesche perdite. E che la portarono all'amministrazione controllata spedendo scosse di terremoto dal quartier generale dell'azienda a Houston in Texas a tutto il mondo aziendale e finanziario degli Stati Uniti.

Quello storico crack avrebbe infatti inaugurato inchieste a tappeto sulla contabilità allegra e i bilanci gonfiati ad arte di decine di grandi marchi della Corporate America - da WorldCom nelle telecomunicazioni a Adelphia nella television via cavo – finite con una pioggia di condanne e di sanzioni. E avrebbe travolto anche protagonisti delle revisione dei conti: Arthur Andersen, che aveva certificato i bilanci di Enron, fu a sua volta costretta a chiudere i battenti.

Avrebbe inoltre dato la spinta decisiva alla prima nuova legge antitruffa americana dell'era contemporanea, forse preludio della grande riforma Dodd-Frank poi scattata davanti alla finanza "selvaggia" venuta alla luce durante una successiva crisi, quella del 2008. La Sarbanes-Oxley fu varata nell'estate del 2002: prescrisse, tra l'altro, ai top executive aziendali di assumersi la responsabilità dei bilanci dei loro gruppi e minaccio pene più severe per le truffe contabili e finaniarie. Cercò, insomma, di mettere la bando una cultura aziendale degli eccessi e della scarsa sorveglianza, che presso la Enron e WorldCom si era materializzata anche in celebri feste senza badare a spese.

I singoli personaggi al centro del caso Enron sono a loro volta ormai dimenticati, ma val la pena ricordarli perchè a volte hanno pagato per i loro reati e rimangono simboli di scandali che hanno inflitto gravi danni, all'economia e alla fiducia tanto dei mercati come dell'opinione pubblica. Le indagini e il processo, condotto da una task force di procuratori federali di Houston, durarono quasi cinque anni. Alla fine l'amministratore delegato Jeffrey Skilling fu condannato ed è ancora in carcere per scontare 14 anni, una pena ridotta dagli iniziali 24 anni. Kenneth Lay, il fondatore e presidente, è invece morto d'infarto nel 2006, dopo essere stato trovato colpevole di numerosi reati di truffa ma prima che venisse decisa la pena. Rischiava tra i 20 e 30 anni di carcere. Il direttore finanziario Andrew Fastow ha scontato sei anni di carcere e ha in seguito trovato lavoro. Ma solo come impiegato in uno studio legale texano.

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