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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2013 alle ore 06:38.

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MILANO.
Un aumento medio dell'indicatore del "riccometro" intorno al 10,4%, ma per le famiglie che non hanno case di proprietà e quindi vivono in affitto la dinamica sarà opposta, e sfocerà in una diminuzione media del 3,3 per cento.
Sono i due principali effetti delle nuove regole per il calcolo dell'Isee, l'indicatore della «situazione economica equivalente» che unisce reddito e patrimonio per misurare il livello di "benessere" della famiglia e su questa base modulare il conto dei servizi sociali e delle tasse universitarie. Un indicatore che, dopo un lungo confronto con le Regioni, viene ora ristrutturato con il decreto di Palazzo Chigi che attua la riforma scritta nel decreto «Salva-Italia» (Dl 201/2011): le nuove regole, secondo le previsioni governative, entreranno in vigore dal 1° gennaio prossimo.
Quella subìta dall'indicatore è una riscrittura profonda, che, in particolare negli ultimi passaggi, ha raccolto tutele e franchigie più robuste per le famiglie numerose e quelle con componenti disabili. A cambiare, però, è la filosofia stessa dell'indicatore, che si allarga ad abbracciare tutti i dati chiave per misurare la condizione della famiglia e promette controlli rigidi e automatici per superare i tanti difetti dell'autocertificazione (si veda anche l'articolo in basso).
Il cambio di passo più importante è nel paniere delle voci considerate, che includono tutti i redditi tassati con imposte sostitutive (per esempio il trattamento di fine rapporto) e anche quelli esenti, compresi (con una franchigia) gli assegni assistenziali al nucleo familiare, le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento e così via.
A mutare profondamente è il peso della casa di proprietà, ma per un effetto indiretto: nel calcolo entra infatti il valore fiscale ai fini dell'Imu, che supera del 60% quello di riferimento per l'Ici presente nei calcoli dell'Isee attuale. Il valore fiscale così calcolato, nelle nuove regole viene abbattuto di un terzo, ma nel confronto fra il quadro pre e post riforma il suo peso cresce, soprattutto per gli immobili di valore inferiore: un appartamento che vale 160mila euro ai fini Imu vede aumentare il proprio valore Isee del 53,4%, mentre a 320mila euro l'aumento è del 21,9% e a 800mila scende all'11,7 per cento.
Il "superamento" dell'Imu sull'abitazione principale non ha effetti sulle regole del riccometro che, come specifica il decreto definitivo, tiene conto dei valori Imu «anche in caso di esenzione dal pagamento dell'imposta». Rimane, naturalmente, il meccanismo che sottrae ai calcoli del "riccometro" il debito residuo di chi ha sottoscritto un mutuo, e viene introdotta una nuova esenzione. Il valore della casa, infatti, esce dai calcoli quando è inferiore a 52.500 euro, e la soglia sale di 2.500 euro per ogni figlio convivente: un meccanismo, questo, che può aiutare soprattutto chi è all'inizio del lungo percorso di pagamento del mutuo.

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