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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2013 alle ore 06:44.

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La nostra giustizia, i referendum, le riforme (radicali) che servono



Ci sono due vicende, riguardanti i Radicali, che si intersecano in questi giorni nei tribunali e che subiscono la solita accidia degli organi di comunicazione. La Cassazione boccia i sei referendum sulla giustizia, promossi quest'estate dai Radicali, poiché non avrebbero raggiunto il numero di firme necessario. Il Tar del Lazio conferma una decisione presa nel 2002 dalla Agcom contro la Rai, che aveva escluso Pannella e compagni dal dibattito tv. Sono passati più di dieci anni e un tribunale ribadisce l'ostracismo del servizio pubblico cui i Radicali sono quasi sempre condannati. Dieci anni: i tempi medi della giustizia italiana, si dirà, e forse qualcuno protesterà. E guarda caso i sei referendum di Pannella - come anche gli altri sei promossi dai Radicali - riguardavano la giustizia, i suoi tempi, le responsabilità e alcune proposte concrete per riformarla. Infatti non sono stati ammessi. Ora, ci vorranno altri dieci anni perché ci si renda conto di quanto fossero importanti e di quanto sia urgente una vera riforma della giustizia?
Pietro Rizzo
Matera
Questa lettera è stata inviata nei giorni scorsi a diversi giornali, tra i quali il nostro. Alcuni quotidiani, senza aggiungere altro, l'hanno pubblicata. Ma una risposta la merita. Sul fatto che la Corte di cassazione ha bocciato i sei referendum sulla giustizia promossi dai Radicali perché non è stato raggiunto il numero di firme necessario, c'è poco da dire, se non prenderne atto evitando suggestioni "complottiste". Ma questo non significa che il tema della riforma della giustizia non debba restare al centro dell'agenda dei riformatori veri (e non dei riformisti a parole, per stare ad una vecchia distinzione di Marco Pannella, che tra l'altro ha atteso dieci anni per avere conferma da un tribunale che la Rai tv l'aveva indebitamente estromesso dal dibattito politico). I tempi della giustizia italiana – penale, civile, amministrativa – si misurano in effetti con un metro "ad anni", il che contribuisce non poco, assieme alla quotidiana debacle della certezza del diritto e alla burocratizzazione dello stesso, a sfibrare l'intero Paese e a impedirne la crescita. In questo senso, non sono né la politica né i tribunali a dar ragione ai Radicali. Sono i fatti e tra questi la pessima qualità delle istituzioni chiuse e "estrattive" a spiegare Perché le nazioni falliscono, come recita il titolo di un bel libro di due professori americani, Daron Acemoglu e James Robinson.
La tragedia di Prato
Uno dei tanti aspetti sconvolgenti della tragedia di Prato è l'anonimato a cui sono condannati, a due giorni dall'l'incendio, cinque dei morti. L'illegalità sistematica – oltre allo sfruttamento del lavoro - in cui vive il tessile è documentata dal clima omertoso per cui nessuno dei parenti si fa avanti.

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