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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2013 alle ore 07:52.
L'ultima modifica è del 05 dicembre 2013 alle ore 07:56.

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Procede, pur senza accelerare, il processo di attuazione delle grandi riforme varate negli ultimi due anni dal Governo dei professori guidato da Mario Monti e ora dall'Esecutivo delle larghe intese di Enrico Letta. I provvedimenti messi a punto sono, nel complesso, 283 su un totale di 748. Dunque, il livello di attuazione è arrivato al 38 per cento.

Un mese fa era al 35 per cento. Se, però, si scinde il lavoro dei due Governi, le manovre targate Monti si avvicinano al 50% (49,4%). E questo è naturale, dato che si tratta di riforme più datate. Fattore tempo che va tenuto in considerazione quando si prende in esame il 12,7% di attuazione delle misure dell'attuale Esecutivo, perché fanno media pure normative entrate in vigore di recente.
Una situazione, dunque, in continuo divenire, che il Sole 24 Ore ha monitorato elaborando i dati raccolti dall'Ufficio del programma della Presidenza del consiglio. Situazione che va letta senza dimenticare che – come più volte ha sottolineato Palazzo Chigi – circa l'80% delle norme contenute nella varie riforme è autoapplicativo. Questo non significa che la parte di disposizioni per la cui operatività sono necessari ulteriori interventi legislativi sia di peso minore. Tutt'altro. È di questi giorni, per esempio, il debutto del nuovo Isee, la cui modifica era stata prevista dal decreto Salva-Italia ed è stata tradotta in pratica da un regolamento del ministero del Lavoro.

Proprio l'Isee, però, dà la misura della difficoltà e della lentezza del processo attuativo. Il nuovo riccometro avrebbe dovuto vedere la luce entro il 31 maggio 2012. Arriva, dunque, con un anno e mezzo di ritardo. Sorte a cui sono destinati, al momento, altri 135 provvedimenti. Tanti sono, infatti, quelli ancora da emanare e il cui termine è scaduto: si tratta di 97 atti ascrivibili al Governo Monti e di 38 di competenza dell'Esecutivo Letta. Numeri che aumentano con il passare dei giorni, perché si consuma il tempo a disposizione fissato dalle leggi per far arrivare al traguardo i provvedimenti. È pur vero che un buon numero di decreti e regolamenti non ha una scadenza imposta dal legislatore, ma questo non può rappresentare una scusante per allungare a dismisura il varo degli atti.
Un altro elemento che può rendere meno traumatico l'impatto del lavoro ancora da fare è il sempre più significativo numero di provvedimenti non più necessari. Questo è un portato della frenesia legislativa, per cui l'esigenza di un regolamento attuativo viene accantonata subito dopo alla luce di una nuova riforma. Gli uffici dei ministeri hanno iniziato questo lavoro di "pulizia", che fa diminuire lo stock dei provvedimenti in attesa.

Il cui numero resta tuttavia elevato. E comunque il calo è solo momentaneo, perché il ritmo delle riforme provvede a far risalire immediatamente il numero delle norme attuative. È, però, importante che si definiscano con sempre maggiore esattezza i confini di questo universo. «Stiamo continuamente migliorando – afferma Giovanni Legnini, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega all'attuazione – l'attività di monitoraggio con l'introduzione di nuovi strumenti di rilevazione, tra cui quelli in grado di individuare gli atti non più necessari e i regolamenti incagliati e di capire il perché dello stop. Strumenti che affineremo ulteriormente. Abbiamo, infatti, in programma una riunione con i capi di gabinetto dei ministeri per studiare nuove misure per accelerare sull'attuazione».

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