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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2013 alle ore 12:31.
L'ultima modifica è del 06 dicembre 2013 alle ore 12:32.

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«Si tratta di una criminalità – mette nero su bianco de Martino – che dispone di appoggi logistici e di armi, che risponde a una precisa regia e che si dedica sistematicamente a furti in appartamento, rapine ed estorsioni, nonché al successivo riciclaggio dei preziosi trafugati, sovente con il coinvolgimento di italiani titolari di negozi compro-oro che provvedono a fondere i gioielli in lingotti».

I numeri
Sui numeri è difficile trovare una quadra. «Fornire una stima ufficiale sul numero di compro-oro in attività – spiega al Sole-24 Ore il maggiore Antonio Ape del Comando generale della Gdf – non è possibile, perché manca un codice di classificazione dell'attività economica.
Secondo i dati aggiornati al 2012 e forniti dalle associazioni di categoria e dall'Associazione dei responsabili antiriciclaggio, il numero degli esercizi oscillerebbe tra ottomila e 12mila, con un fatturato complessivo tra 7 e 12 miliardi.
Al netto, dunque, di chi non svolge tradizionalmente quest'attività, come ad esempio le oreficerie». Il fenomeno, dopo una cavalcata soprattutto nel biennio 2011/2012, sembra essersi arrestato. «Il mercato è ormai saturo – dichiara al Sole-24 Ore Stefano de Pascale, direttore di Federorafi – e nel primo semestre 2013 abbiamo assistito solo ad aperture e chiusure fisiologiche».

Nessun albo
i compro-oro hanno solo l'obbligo di munirsi di una licenza rilasciata dalla questura ma, ai sensi della disciplina antiriciclaggio, devono adempiere esclusivamente all'obbligo di segnalazioni di operazioni sospette, quando sanno, sospettano o hanno ragionevoli motivi di ritenere che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. I compro-oro, dunque, a differenza di banche, intermediari finanziari, professionisti, operatori del gioco, non sono sottoposti all'obbligo dell'adeguata verifica della clientela (indagare, ad esempio, sul motivo per il quale i clienti vendono o sul loro profilo reddituale o personale) e all'iscrizione dei dati nell'archivio unico informatico. Una pacchia, insomma, e i numeri e le attività delle Fiamme Gialle lo certificano.

Indagini delle Fiamme Gialle
«Il livello di collaborazione al sistema di prevenzione antiriciclaggio dei compro-oro non può ritenersi soddisfacente – conferma il maggiore Ape – in considerazione anche della vasta platea dei destinatari». Nel periodo 2010-2012, sono pervenute al Nucleo speciale di polizia valutaria dall'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia appena otto segnalazioni di operazioni sospette, rispetto a un totale complessivo, nello stesso arco temporale, di oltre 150mila segnalazioni. «Sulla base degli approfondimenti finora svolti – chiosa il maggiore Ape – sono risultate di scarso peso investigativo». Nel triennio 2010-2012 sono state eseguite 26 ispezioni antiriciclaggio nei confronti dei compro-oro, che si sono concluse con la denuncia di 23 soggetti e la contestazione di 20 violazioni amministrative e 12 penali. Per dare l'idea della collaborazione (quasi) nulla, basti pensare che, nello stesso periodo, sono state trasmesse al Nucleo della Gdf, sempre dall'Uif, 513 segnalazioni che vedono il coinvolgimento di compro-oro, inoltrate principalmente da intermediari finanziari, provenienti principalmente dalle province di Roma, Napoli e Milano, con un trend in forte crescita nel 2012 (294 segnalazioni), rispetto al 2011 (117) e al 2010 (102).

Vulnus dei controlli
I compro-oro, insomma, sfuggono ai controlli e Bankitalia – che invece elenca uno per uno gli attuali 557 operatori professionali in oro da investimento o ad uso prevalentemente industriale, iscritti in un apposito elenco – è stata costretta ad emanare una lettera-circolare l'8 febbraio 2011 sull'uso inappropriato dell'iscrizione nell'elenco, a fini pubblicitari. Il 28 maggio 2010 ha invece diramato alcuni chiarimenti nei quali specifica che «i compro-oro entrano in rapporto con la Banca d'Italia solo per il tramite della struttura dedicata al contrasto del riciclaggio (Uif). La Banca d'Italia, in altre parole, non esercita sui compro-oro alcuna forma di vigilanza o di controllo in relazione allo svolgimento delle attività».

La voce di Federorafi
Nell'attuale legislatura sono stati (ri)presentati due disegni di legge: uno con prima firmataria l'onorevole Donella Mattesini (Pd) e l'altro del senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri (Pdl). «I due testi già presentati sono una buona base di partenza ma non rappresentano la soluzione ideale in quanto non regolamentano in modo scrupoloso e moderno tutta la fase di tracciabilità dell'operazione – spiega de Pascale – non prevedendo a esempio la diffusa applicazione di una piattaforma digitale ed informatizzata con la registrazione dell'operazione e la sua immediata visualizzazione da parte delle Autorità di controllo. Anche gli aspetti fiscali sono chiariti solo in parte quando ad oggi la confusione regna sovrana con implicazioni anche di carattere penale». Per quanto tempo ancora anche ciò che non luccica per trasparenza continuerà a brillare rubando questo diritto alle filiere di oro "pulito"?

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