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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 16:30.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2013 alle ore 17:14.

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L'economia italiana nel 2014 crescerà solo dello 0,4%, contro l'1,1% stimato dal tesoro, lo 0,7% previsto da Ue e Istat e lo 0,6% dell'Ocse, nel quadro di una ripresa europea che «secondo diversi indicatori» prevede un percorso «lungo e difficile». È dunque al ribasso la stima formulata dall'agenzia Standard & Poor's in un'analisi delle prospettive economiche dell'area dell'euro che dopo un calo del Pil dello 0,6% quest'anno dovrebbe registrare una crescita solo dello 0,9% nel 2014, contro il +1,1% previsto dalla Bce.

Rispetto alle stime degli analisti, comunque, l'agenzia vede in rialzo la crescita della Spagna, che passerebbe dal -1,2% di quest'anno al +0,8% del 2014, ma anche della 'locomotiva' tedesca (+0,5% nel 2013 e +1,8% il prossimo anno).

Standard & Poor's sottolinea come la pressione fiscale «sia stia allentando, in un certo senso» mentre «resta debole la crescita del settore privato». S&P inoltre rilancia lo «spettro della deflazione in alcuni dei paesi più deboli dell'Eurozona», contrariamente alle rassicurazioni di Bruxelles e Francoforte: la sua stima di crescita dei prezzi dell'1,4% nel 2014 per l'area della moneta unica, è comunque più alta della stima della Bce (+1,1%).

Per l'Italia l'agenzia vede nel prossimo anno un'inflazione all'1,3%, il dato più basso fra le principali economie dell'Eurozona a eccezione della Spagna (+0,8%).

Nel rapporto di S&P inoltre si sottolinea come «l'euro forte tende a penalizzare paesi come Francia, Spagna, Italia e Portogallo» con ripercussioni sull'export e di conseguenza sulla crescita dell'Eurozona. Invece per la Germania, «che importa materie prime e le trasforma in prodotti ad alto valore aggiunto, un euro forte è un vantaggio dal momento che rende più convenienti le sue importazioni per le industrie tedesche».

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