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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2013 alle ore 20:07.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2013 alle ore 15:20.

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Forbes attacca la Google tax italiana. In un articolo pubblicato oggi, la rivista con sede a New York che si occupa di economia e finanza definisce «illegale» la misura inserita nella legge di stabilità, prima di questo tipo adottata da un Paese dell'Unione europea e sulla quale a Bruxelles si discute da diversi mesi, difesa invece dalla Siae.

La nuova imposta, introdotta dall'emendamento proposto da Edoardo Fanucci (Pd), prevede che i giganti del web, da Google ad Amazon, dovranno avere la partita Iva italiana. In questo modo i volumi di vendita realizzati in Italia (sia nella vendita di pubblicità che nell'e-commerce, che nel gioco on line) sarebbero anche fatturati nel nostro Paese, con il conseguente gettito, mentre oggi vengono fatturati in altri paesi con regimi fiscali agevolati (per esempio l'Irlanda). Dubbi li hanno sollevati Giampaolo Galli e Marco Causi del Pd, timorosi che questa norma possa andare in contrasto con le normative europee visto che il dossier a Bruxelles non è stato ancora affrontato.

Il magazine americano, che già a inizio novembre aveva definito illegale l'ipotesi normativa, fa la stessa obiezione: la Google tax italiana, che permetterebbe di vendere beni e servizi solo a chi è in possesso di una partita Iva italiana, e quindi pagherebbe quella che a livello internazionale si chiama VAT nel nostro Paese, «non sarebbe compatibile con le leggi europee: ci sono varie leggi che permettono il commercio oltre confine (la direttiva Distance Selling Directive e altri) - scrive Tim Worstall - e non prescrivono l'obbligo di non avere una partita Iva nel Paese "d'arrivo".

Boccia: Web tax atto di equità e giustizia
«Chi guadagna in Italia è giusto che paghi le tasse in Italia, con la nuova "web tax" tutte le aziende saranno finalmente uguali davanti al fisco». Lo afferma Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, in merito all'emendamento sulla web tax a prima forma Fanucci-Covello, ispirato alla sua proposta di legge in materia di tassazione online, approvato ieri. «Non si tratta - spiega Boccia - di una nuova imposta ma di un atto di equità e giustizia: da questo punto di vista non c'é differenza tra le multinazionali americane e le piccole imprese di Busto Arsizio o Matera. Chi non é d'accordo e sostiene il contrario spieghi il perché alle migliaia di ditte che operano in una situazione di concorrenza sleale messa in atto dai giganti internazionali che finora, per una legge sbagliata, hanno sempre pagato solo pochi spiccioli rispetto agli altissimi guadagni che riescono a fare nel nostro Paese. Affermare che la cosiddetta 'web tax' disincentiva gli investimenti é un colossale errore. L'unica cosa certa é che le aziende operano dove capiscono che possono raggiungere i profitti più alti e d'ora in poi dovranno destinare una parte dei loro guadagni al fisco del Paese che le rende sempre più ricche. Esattamente come tutti gli altri operatori italiani. Questi sono fatti. Il resto sono chiacchiere a gettone, nel vero senso della parola».

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