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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2013 alle ore 18:49.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2013 alle ore 18:52.

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Fare le leggi e controllare l'attività del Governo regionale deve costare molto a Palermo. Più che in ogni altra Regione italiana, al Nord come al Sud. Il problema è che non si capisce perché occorrano così tanti soldi per far funzionare l'Assemblea regionale siciliana. Il parlamentino dell'isola infatti non bada a spese. Quasi una ricca cornucopia da cui attingere a piene mani. Ogni anno il costo per i contribuenti supera i 160 milioni di euro. E non da ieri. È il fondo dotazione che la Regione (e quindi i contribuenti siciliani) gira all'Ars, cioè al Consiglio dell'isola. Visti così dicono poco. Dicono di più, molto di più se si pensa che valgono da soli un sesto dell'intera spesa della Camera dei deputati della Repubblica. Che ha 630 parlamentari conto i 90 deputati dell'assemblea isolana.

Non solo c'è da chiedersi perché il Consiglio della Regione Lombardia costi meno della metà di quello siciliano. La Lombardia spende 68 milioni e ha 80 consiglieri. Ma soprattutto la Lombardia ha più del doppio degli abitanti della Sicilia. Il che vuol dire che in termini relativi il parlamento siciliano costa oltre 5 volte quello lombardo. Il confronto è perdente con tutti. Il Piemonte spende 62 milioni; il Consiglio veneto costa ai cittadini 52 milioni; l'Emilia addirittura solo 34 milioni. Si dirà siamo al Sud, in una regione a statuto speciale. Il paragone è fuorviante. E allora perché la Campania che certo non ha meno problemi della Sicilia riesce a gestire il proprio Consiglio con 66 milioni contro i 160 di Palermo? E anche la Puglia non va oltre i 52 milioni. Come si vede quel costo supera mediamente di quasi tre volte quello che ogni Regione italiana spende per i propri organi legislativi. Non c'è giustificazione che conti quindi. Quel costo non solo è insostenibile, ma non ha ragion d'essere se non quella di arricchire la casta dorata della politica siciliana. Ora il nuovo bilancio preventivo del 2013 promette la svolta. Si fa la spending review. Meglio tardi che mai si dirà. Ma visto il nuovo bilancio si tratta di un mero abbellettamento che nulla cambia sulla sprecopoli siciliana.

Nel 2013 la dotazione che la Regione fornisce scende a 152 milioni dai 162 milioni del 2012. Dieci milioni risparmiati. E la spesa totale dovrebbe fermarsi a 162 milioni contro i 173 milioni archiviati nel 2012. Di più non è stato fatto. Resta anche quest'anno quel divario folle tra Palermo e il resto d'Italia. Il taglio dicono non può andare oltre, perché il 90% delle spese sono spese obbligate. Già per cosa? Il solo personale in servizio e in pensione si mangia oltre al metà del bilancio. Sono 87 milioni di euro in stipendi e pensioni dei dipendenti. Una cifra che supera del 30% l'intero bilancio della Lombardia. I dipendenti in servizio sono 239 e costano in soli stipendi 37 milioni con una media di 155mila euro pro-capite. E sono esclusi gli oneri previdenziali e fiscali. È il Paese di Bengodi per i dipendenti del parlamentino siciliano. I deputati e gli ex deputati costano 40 milioni che diventnao 47 con i contributi ai gruppi parlametari. Non c'è regione italiana così munifica con i propri legislatori e dipendenti. Non basta. Tanti dipendenti e strapagati ma il Consiglio spende altri 3 milioni per il personale per collaborazioni esterne. In tempi di crisi, in una Regione con uno tra i più alti tassi di disocccupazione e sommersa da miliardi di debiti ci si aspetterebbe qualche segno evidente di austerità. Non si vede. Anche nel 2013 la Presidenza del consiglio spenderà 870mila euro per attività culturali e cerimonie. E altri 925mila euro finiranno in spesa per rappresentanza. Non si bada a spese neanche sulla comunicazione. Ecco a bilancio 1,35 milioni. E la caffetteria per parlamentari e dipendenti si mangerà altri 800mila euro. Tra auto blu, pulizie e call center ecco stanziati altri 3,2 milioni. Sommate tutto a avrete uscite previste per il 2013 per 164 milioni. Un sesto dell'intera spesa di Montecitorio, tre volte di quanto spende la Puglia; 5 volte di più di quanto serve a far funzionare il parlamento dell'Emilia Romagna. Un'anomalia quella siciliana che non trova riscontri da nessuna parte. Forse qualcuno dovrebbe provare a far visita a Palermo. A partire dal presidente della Regione Crocetta che sui costi della politica aveva imperniato un pezzo della sua battaglia elettorale.

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