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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2013 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:11.

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All'inizio era una misura temporanea per motivi umanitari, per sostenere l'impegno a migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche locali e doveva terminare il 31 dicembre.
Giovedì, invece, in Sessione plenaria, l'Europarlamento ha votato a maggioranza – su proposta della Commissione – (409 favorevoli contro 182 contrari) l'estensione, dal 1° gennaio 2014 sino a fine 2017, del cosiddetto "Sistema generalizzato delle preferenze" (Spg), ovvero dazio zero o molto favorevole su 75 prodotti in entrata nella Ue e provenienti dal Pakistan. In particolare, circa il 70% dei beni pachistani entrerà con dazi molto bassi, mentre un altro 20% sarà totalmente esente. Tra quelli più favoriti, c'è il tessile: abbigliamento, biancheria per la casa, pelletteria e semilavorati. Tanto da far sobbalzare il presidente di Sistema Moda Italia, Claudio Marenzi, per le ripercussioni su fatturati e posti di lavoro che l'ingresso facilitato del tessile pakistano può avere soprattutto sulle tantissime Pmi del settore.

«A rischio – spiega il presidente Marenzi –, come avevamo segnalato tempestivamente al governo e ai parlamentari europei, ci sono circa 120mila posti di lavoro che potrebbero andare in fumo e in Italia la quota parte oscillerebbe intorno ai 40mila. Il Pakistan è diventato un nostro forte e agguerrito competitor.
Dunque, a pagare il carissimo prezzo di questa scellerata decisione sarà l'intero settore europeo, ma poiché l'Italia ne rappresenta più del 30%, il nostro Paese sarà il maggior "pagatore". Sopprimere definitivamente i dazi all'ingresso dei prodotti pakistani, che già hanno prezzi altamente competitivi, genererà durissime ripercussioni».

In realtà, il provvedimento varato da Bruxelles – che si inserisce nel quadro di un sostegno a diversi Paesi in via di sviluppo – include nel "duty-free" alle importazioni anche i prodotti "made in" Armenia, Bolivia, Capo Verde, Costa Rica, Ecuador, Georgia, Mongolia, Paraguay e Perù. Ma è evidente che è il Pakistan il competitor più temibile, già nostro 15° fornitore per l'industria tessile e moda, con 150 milioni di euro di merce acquistata tra gennaio e giugno 2013 (+8,2% rispetto allo stesso periodo del 2012).
La misura, in ogni caso, prevede una clausola di salvaguardia con la possibilità di ripristinare i diritti della tariffa doganale comune per i prodotti la cui importazione provoca o può provocare gravi difficoltà ai produttori europei. Ma spesso è difficile provare il danno. Giovedì scorso, l'europarlamentare Cristiana Muscardini aveva proposto di escludere il Pakistan. Proposta respinta.

«Le preferenze tariffarie generalizzate – aveva detto in Plenaria – servono a migliorare i rapporti commerciali ma non devono creare sperequazioni tra paesi in via di sviluppo a danno del sistema europeo. Contestiamo questo elenco nel quale sono presenti paesi di aree geografiche diverse e con sistemi assolutamente difformi per sicurezza sul lavoro e rispetto dei diritti umani. Inoltre, il Pakistan è già stato aiutato con un'importante deroga sui dazi nel settore tessile e a fronte di questo nulla è cambiato in meglio in quel paese».
«Poichè il regolamento entrerà in vigore il 1° gennaio 2014 – replica l'europarlamentare Patrizia Toia – sarebbe stato inopportuno bloccare il processo solo per il Pakistan. Inoltre, si trattava di ratificare una decisione politica presa l'anno scorso».
Intanto il Pakistan fa i conti, e dalla nuova intesa con l'Unione europea prevede un aumento annuo dell'export, nel solo tessile, di 1 miliardo di dollari e 100mila nuovi posti di lavoro.

A settembre 2012, la Commissione, con il sì di 21 paesi Ue, 7 contrari e l'astensione dell'Italia – aveva inserito il Pakistan tra i paesi da sostenere per il rispetto dei diritti umani, lavorativi e ambientali.
«Il governo italiano – ha concluso Marenzi – nonostante l'impegno del viceministro Calenda, ha fatto una scelta altamente lesiva degli interessi nazionali».

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