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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2013 alle ore 06:50.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:11.

Ci sono settori in cui il made in Italy riesce a dispiegare le proprie potenzialità in tutta la sua interezza. Tecnologia, capacità di adattare prodotti e servizi post vendita alle esigenze del cliente, abilità di penetrare nuovi mercati e di conquistarli rapidamente, attraverso fiere e missioni business to business.

Le macchine per l'industria del packaging o per le ceramiche, le macchine utensili (quelle che gergalmente chiamiamo robot), anche nei periodi di crisi più nera sono riuscite, grazie alle esportazioni, a tenere le posizioni e, negli ultimi anni, a crescere in controtendenza rispetto al resto dell'industria e del Paese. Crescita che per alcune nicchie sfiora addirittura le due cifre. Da stropicciarsi gli occhi.
Naturalmente non si tratta di un miracolo, né di manna caduta dal cielo. Sono comparti radicati in territori che hanno fatto del connubio tra laboratori di ricerca e sperimentazione applicata sul campo e sul prodotto il punto di forza da anni. Da qui, da questo metodo, può partire la ripresa. A patto che il sistema riesca ad assistere e assecondare questi primi ma importanti segnali di ripartenza.

Perché a differenza dei dati congiunturali degli anni scorsi, non è solo l'export a fare la differenza. Dà segnali di ripresa anche il mercato interno: in un comparto che anticipa il ciclo economico, macchine per il packging e packaging, e in un settore pesantemente segnato dalla crisi come le piastrelle, terminale della filiera edilizia, ancora fondamentale per la ripresa in Italia come all'estero.
Sarebbe delittuoso se davanti a queste prime rondini, arrivate del tutto inaspettate addirittura a fine dicembre, il sistema Paese si girasse dall'altro lato. Serve una scintilla, servono idee nuove per dare un po' di carburante al motore troppo a lungo fermo.

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TAG: Imprese

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