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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2013 alle ore 11:20.
L'ultima modifica è del 20 dicembre 2013 alle ore 09:41.

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Svuotato. E con due rubinetti dal "getto" a dir poco incerto, dipendenti come sono dalla "portata" di una spending review tutta da definire e da un rientro dei capitali all’estero da mettere ancora nero su bianco. Quello che in origine doveva essere il Fondo taglia cuneo e che poi, alla fine del restyling della legge di stabilità operato dalla commissione Bilancio della Camera, è diventato un Fondo multiuso (dal rifinanziamento della Cig in deroga a quello delle missioni internazionali di pace passando per il rigore di bilancio prima di arrivare a una generica riduzione della pressione fiscale) deve anche fare i conti con un futuro non privo di incognite. Per il momento c’è solo un impegno del Governo: recuperare 32 miliardi entro il 2016 dalla revisione della spesa, una fetta dei quali già ipotecati sempre in nome del rigore di bilancio dalla stessa legge di stabilità, su cui questa mattina il Governo ha posto la fiducia in Aula a Montecitorio: 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 miliardi nel 2016 (e altri 11,3 miliardi nel 2017). Un’impresa non proprio scontata, affidata al commissario straordinario Carlo Cottarelli che nelle scorse settimane era convinto che i risparmi sarebbero stati utilizzati in prima battuta per ridurre le tasse su lavoro e imprese, e quindi il cuneo.

L’incognita tagli e la mission di Cottarelli

Non più tardi del 21 novembre scorso Cottarelli, come riportato dal nostro quotidiano, affermava che considerava possibili significativi risparmi dalla revisione di spesa già nel 2014 e che la maggior parte di queste risorse doveva essere destinata all’abbattimento della tassazione sul lavoro. Ora, con il dispositivo inserito nella legge di stabilità in votazione alla Camera e attesa da un nuovo passaggio al Senato, la "meta" della spending review non sembra più essere questa. E anche Cottarelli dovrà probabilmente fare i conti con le nuove coordinate fissate dal Governo. Non solo: il commissario straordinario dovrà cercare di centrare il non facile obiettivo dei 32 miliardi di risparmi nel 2016 (2 punti di Pil). Le resistenze non mancano. I sindacati guardano con una certa preoccupazione il capitolo pubblico impiego, temendo il ricorso alla mobilità territoriale del personale contro la quale non sembrano disposti a rimanere con le mani in mano. Anche nei ministeri, nonostante la collaborazione mostrata nella costituzione dei 25 gruppi di lavoro voluti da Cottarelli, c’è chi è pronto a resistere a tagli troppo invasivi. Per non parlare degli enti locali che, già alle prese con i vincoli relativi alla nuova tassazione sugli immobili da sommare a quelli del Patto di stabilità interno, appaiono poco propensi a rinunciare ad altre risorse.

Rientro capitali, una partita ancora da giocare

Alla fine il piano per il rientro dei capitali in Italia è rimasto fuori dalla legge di stabilità. Eppure, almeno per la componente una tantum, questo piano avrebbe dovuto garantire un’entrata certa da destinare automaticamente alla riduzione del cuneo. L’automatismo però è scomparso. E anche questa partita resta tutta ancora da giocare. L’intervento abbozzato la scorsa settimana, e anticipato dal nostro giornale, puntava a introdurre anche in Italia la "voluntary disclosure" nel rispetto delle indicazioni Ocse facendo leva sull’esclusione dalle sanzioni penali per convincere i contribuenti a denunciarsi al Fisco. Ma nel confronto tra ministero dell’Economia, ministero della Giustizia e Palazzo Chigi non è stata ancora trovata la quadratura del cerchio.

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