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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2013 alle ore 08:39.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:13.

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Ilva, dissequestrate nove società (Ansa)Ilva, dissequestrate nove società (Ansa)

Dissequestrate dalla Cassazione anche le società controllate dall'Ilva oltre a quelle del gruppo Riva. Dopo la sentenza di annullamento senza rinvio pronunciata venerdì sera, ieri mattina sono arrivati alla Procura della Repubblica di Taranto dalla Procura generale della Suprema Corte tre ordini di cessazione della misura cautelare reale. Riguardano, nello specifico, altrettanti ricorsi proposti da Riva Fire e Riva Forni elettrici, poi da Riva Energia, Muzzana Trasporti e Riva Acciaio, infine da Maurizio Saa, Giuseppe Parrello e Angelo Bianchi per conto delle controllate dell'Ilva.
Queste ultime, infatti – con un provvedimento integrativo emesso dal gip di Taranto, Patrizia Todisco lo scorso 17 luglio – erano finite nel sequestro preventivo per equivalente da 8,1 miliardi scattato a fine maggio sui beni del gruppo Riva nell'ambito dell'inchiesta sul disastro ambientale dell'Ilva. I legali del commissario Enrico Bondi avevano quindi impugnato il sequestro delle controllate per «molteplici profili di illegittimità». Si tratta di Ilva commerciale, Taranto Energia, Ilvaform, Ilva immobiliare, Immobiliare Siderurgica, Sanac, Ilva Servizi Marittimi, Innse Cilindri e Celestri. Affidate dal gip al custode giudiziario – il commercialista tarantino Mario Tagarelli, ex presidente provinciale dell'Ordine professionale di categoria –, l'Ilva ne aveva in seguito ottenuto la facoltà d'uso.

Tuttavia, ha osservato giorni fa Bondi nella sua prima relazione sulla gestione dell'Ilva, non avere la piena disponibilità di queste società provoca «significativi ritardi a tutti i livelli del ciclo produttivo e di vendita, con effetti pregiudizievoli sia sulle società interessate, sia sulla stessa Ilva in quanto essa stessa acquirente di beni e servizi forniti da tali società». Contraccolpi non da poco in una fase già difficile per l'Ilva se Bondi specifica pure che gli effetti del sequestro delle controllate «saranno precisamente misurabili al termine del trimestre 1 ottobre-31 dicembre».
Al di là delle ripercussioni sulle attività, c'è anche un aspetto patrimoniale da non sottovalutare. Bondi è impegnato nella trattativa con le banche per farsi finanziare i lavori dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) nel siderurgico di Taranto e il fatto che le controllate fossero finite nel maxi sequestro, costituiva un ostacolo al negoziato. Evidente, quindi, come lo svincolo delle controllate fosse ritenuto essenziale dal commissario per trattare con le banche da una posizione di maggiore solidità. Soprattutto ora che il dissequestro della Cassazione fa venire meno la possibilità di utilizzare, ai fini della bonifica del sito di Taranto, i beni "sottratti" ai Riva.

Se infatti la legge 89 dell'agosto scorso, quella che ha commissariato l'Ilva, e l'ultimo decreto legge, il numero 136 del 10 dicembre, prevedono la possibilità che il commissario usi nel risanamento tutte le risorse sequestrate ai Riva, quest'ultime, adesso, sono solo 1,9 miliardi che Procura di Milano e Guardia di Finanza hanno scovato nei trust dell'isola di Jersey nell'ambito di un'indagine per reati fiscali e valutari a carico degli stessi Riva. È molto fondata, però, la possibilità che i Riva si oppongano a tale utilizzo spingendo i loro avvocati a sollevare l'incostituzionalità del decreto legge.
In attesa di esaminare le motivazioni della Cassazione, il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi, non si sbilancia. Ricorda che le risorse su cui i commissari fanno affidamento sono soprattutto quelle bloccate dai giudici milanesi perché costituiscono liquiditá vera, al contrario del gip di Taranto che alla fine si é trovato con pochi soldi e molti immobili, e dice: «Noi andiamo avanti». Oltretutto Bondi e Ronchi hanno anche alzato l'asticella e tra piano ambientale e piano industriale pensano non solo all'Aia ma a un progetto più complessivo – quindi oltre 1,8 miliardi stimati inizialmente - che, oltre a comprendere acque di scarico, rifiuti, rischi da incidenti rilevanti e sicurezza sul lavoro, assicuri all'Ilva uno scatto competitivo. Ecco perché servono anche i soldi sequestrati ai Riva oltre al credito delle banche.

Anche il sindacato vuole capire come evolve la situazione: «A noi - spiega Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl – il dissequestro su Riva sta bene ma solo perché restituisce autonomia industriale a una serie di aziende. Su Taranto è evidente che la bonifica va fatta, che i Riva devono accollarsi gli oneri e che non c'é nessuno in Italia che possa consentire che il pronunciamento della Cassazione equivalga ad un ritorno della mano libera dei Riva».
Domani, intanto, i pm interrogheranno a Taranto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Nell'inchiesta Ilva, è indagato per concussione nei confronti del direttore generale dell'Arpa, Giorgio Assennato. Per l'accusa, avrebbe fatto pressioni su Assennato perché, in materia di controlli ambientali all'Ilva, fosse meno "intransigente".

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