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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2013 alle ore 10:12.
L'ultima modifica è del 28 dicembre 2013 alle ore 13:50.

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Potrebbe non essere piú San Foca, localitá del comune di Melendugno lungo la fascia adriatica del Sud Salento, ad ospitare piú il punto di approdo del gasdotto Trans Adriatico destinato a portare, via Albania, Grecia e lo stesso Mar Adriatico, 10 miliardi di metri cubi di gas l'anno in Italia e in Europa (raddoppiabili in una fase successiva) con un investimento complessivo di 40 miliardi di euro.

La contestazione netta che ieri, in un dibattito pubblico a Lecce, ha mosso al progetto Tap un vasto fronte che va dai sindaci agli ambientalisti, dai grillini agli operatori turistici della zona, sembra infatti aver reso piú forte la possibilitá di un sito alternativo a Melendugno. Quello nuovo sarebbe sempre in Puglia e potrebbe essere l'area di Otranto, terminale di un altro gasdotto giá autorizzato, oppure quella di Brindisi, anche se quest'ultimo comune nei giorni scorsi ha giá reso noto il proprio no.

L'evoluzione della partita gasdotto Trans Adriatico si capirá comunque subito. Cosí come sono stati veloci i passaggi internazionali collegati al progetto (il 10 agosto il premier Letta é volato a Baku in Azerbaijan per incontrare il presidente azero Aliyev, il 4 dicembre la Camera ha definitivamente ratificato il trattato tra Italia, Grecia e Albania, il 17 dicembre c'é stata la decisione finale del consorzio Shah Deniz per sviluppare l'investimento con Tap), cosí, molto probabilmente, saranno le procedure di autorizzazione dell'opera. Che, nella parte italiana, riguarda un tratto offshore di 45 chilometri (nell'Adriatico) e un altro onshore di circa 8 chilometri attraverso una condotta interrata nel Sud Salento. Giunto poi a Melendugno, dove sará installato il terminale di ricezione, il gasdotto, stando al progetto, dovrá proseguire per Mesagne, in provincia di Brindisi, e qui connettersi alla rete Snam. Tappe molto probabilmente veloci, si diceva, perché la commissione della Regione Puglia incaricata della Valutazione di impatto ambientale si riunirá giá il 4 gennaio per cominciare a tirare le somme. Il parere della Puglia sarà quindi trasmesso al ministero dell'Ambiente, alla commissione Via nazionale, e la stessa Tap Italia attende il responso nella primavera 2014.

Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che ieri a Lecce non si é certo arreso davanti a contestatori che spessissimo lo hanno interrotto e fischiato nel tentativo di non farlo parlare, definisce il gadsotto un'opera strategica, voluta dall'Unione Europea, rispondente a politiche energetiche generali che puntano a ridimensionare l'uso del carbone, nonché inserita in un quadro di accordi internazionali. Tuttavia, De Vincenti osserva anche come i nodi locali siano intricati da sciogliere e quindi lascia una porta aperta alla possibilitá di cambiare punto di approdo dell'opera.

Portarla magari a Otranto, dove dovrebbe convergere il gasdotto degli italiani di Edison, dei bulgari di Beh e della greca Depa che ha tutte le autorizzazioni ma non il gas che dovrebbe arrivare dall'Asia centrale via Caspio, Turchia e Grecia? "Sono valutazioni premature in questo momento - chiarisce De Vincenti -, considerato che abbiamo in piedi un esame finalizzato a capire come realizzare l'opera nel modo migliore, tutelando l'interesse generale, che é quello dell'Italia a diversificare le sue fonti di approvvigionamento del gas, ma anche quello della comunitá locale, che giustamente chiede garanzie per l'ambiente, il territorio e il paesaggio". Un sito diverso da Melendugno, peró, non dispiacerebbe nemmeno a Tap Italia, purché, osserva l'ad Giampaolo Russo, "risponda alle caratteristiche necessarie alla realizzabilitá del progetto".

Intanto, il fronte dei contestatori, che ieri a Lecce spesso ha evocato il modello No Tav e Val Di Susa come esempio da seguire per bloccare il gasdotto (da qualche giorno sono cominciati i primi rilievi in mare), osserva l'evoluzione delle posizioni, coglie gli spiragli nuovi che sembrano essersi aperti, ma tiene la guardia molto alta. "Un intero territorio il gasdotto non lo vuole e, attraverso osservazioni puntuali, ha giá spiegato abbondantemente i suoi motivi, che vanno dalla compromissione del paesaggio naturale alle emissioni nell'ambiente - dice il sindaco di Melendugno, Marco Potí, affiancato da diversi altri sindaci -. Se Governo e Regione Puglia non vogliono ridurre a farsa questa consultazione, del nostro parere devono tenere conto. Che non cambierà".

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