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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2013 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:17.

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Che cosa hanno in comune Tav (Alta velocità Torino-Lione) e Tap (gasdotto Trans-Adriatico)? Sono due grandi infrastrutture, una ferroviaria e l'altra energetica, entrambe considerate strategiche per il Paese e ambedue contestate da una parte delle popolazioni locali. Le proteste contro la Tav sono di vecchia data. Quelle contro il gasdotto Tap rappresentano la novità di questo ultimo scorcio del 2013. Le grandi opere in Italia anziché unire, dividono; anziché essere considerate una leva per lo sviluppo sono osteggiate e criticate.

In particolare, l'alzata di scudi contro il gasdotto che, partendo dall'Azerbaijan approderà fino in Puglia sbucando dal mar Adriatico, solleva più di una perplessità. Il sistema energetico italiano è notoriamente atipico nel panorama internazionale. Tra i grandi Paesi industrializzati siamo il più dipendente dalle importazioni, l'unico che produca la maggior parte dell'energia dagli idrocarburi (petrolio e gas), l'unico che ha rinunciato al nucleare, e siamo l'unico che utilizza così poco il carbone. Una situazione, questa, che rende il nostro sistema energetico particolarmente vulnerabile all'acuirsi di crisi internazionali. Ridurre la vulnerabilità (e nel contempo ridurre i costi e salvaguardare l'ambiente) è indispensabile. Per farlo dovremmo innanzitutto diversificare sia il mix di fonti energetiche da cui dipendiamo, sia la loro provenienza geografica. Il gas, che oggi copre il 36% dell'intero consumo interno lordo di energia, entro pochi anni raggiungerà il 40%, divenendo la principale fonte di energia in Italia. Opere come il gasdotto Tap sono molto importanti per ridurre i costi di approvvigionamento delle imprese industriali e diversificare le fonti. Speriamo che il nuovo anno porti più saggezza sul fronte delle grandi infrastrutture per il Paese.

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