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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2014 alle ore 10:56.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2014 alle ore 17:29.

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La richiesta di Renzi di inserire nel patto di coalizione che dovrebbe blindare l'esecutivo fino al 2015 unione civili e revisione della Bossi-Fini in tema di immigrazione scuote la maggioranza. Mentre il vicepremier Angelino Alfano chiude alla proposta del segretario del Pd, sempre nella squadra del governo il viceministro dell'Economia Stefano Fassina apre, in un'intervista a Repubblica, alla possibilità di un rimpasto, con la sostituzione dei ministri del Pd, partito a cui lo stesso Fassina appartiene. Dopo il muro di Alfano sulle unioni civili, i renziani non si arrendono e sono pronti a cercare una maggioranza in parlamento. Il Pd tratta con chi ci sta. La strategia è quella delle alleanze trasversali.

Letta lavora sul patto di coalizione
Il premier Letta non ha dubbi: su tutti i temi ci saranno le condizioni per l'intesa nella maggioranza. Quello del presidente del Consiglio è stato un sabato di lavoro a palazzo Chigi sul contratto di coalizione. La giornata, secondo quanto si apprende, è stata dedicata all'approfondimento di tutti i principali temi e per contatti informali sia sul merito delle questioni sia sul metodo di confronto. Secondo il premier, «nelle prossime 2-3 settimane si troverà una buona intesa su tutto».

Cicchitto: con due maggioranze crisi di governo
Chi invece alza i toni del confronto tra alleati di governo è il deputato del Nuovo centrodestra Fabrizio Cicchitto. In un'intervista alla Stampa manda un messaggio a Renzi: «Non è lontanamente sostenibile - sottolinea - l'ipotesi delle due maggioranze, una che tiene in piedi il governo e che deve scrivere nonché approvare in Parlamento l'agenda 2014, e un'altra che fa la riforma elettorale. Se c'è una maggioranza diversa da quella attuale è evidente che si va a crisi di governo». La scelta del sindaco di Firenze di proporre, nel pacchetto di tre opzioni per la riforma della legge elettorale, il modello dei sindaci caro al Nuovo centrodestra e quello spagnolo, sostenuto da Forza Italia ha scatenato dei malumori nella maggioranza, in particolare tra le file del Ncd.

Il quotidiano online di Ncd: vedremo le carte di Renzi, no a diktat
«Il Nuovo Centrodestra accetta la sfida: siamo pronti a vedere le carte di Matteo Renzi. Finalmente capiremo se ha a cuore le sorti del Paese o se il suo è il bluff di un giocatore d'azzardo», si legge in un editoriale dell'Occidentale, il quotidiano online del Nuovo Centrodestra. «Il sindaco di Firenze - prosegue il testo - ha fatto le sue proposte, noi avanzeremo le nostre e lo stesso faranno gli altri partner di governo. Ma non si può prescindere da un dato di fatto: Renzi è il segretario del partito di maggioranza relativa, e non già il presidente del Consiglio in carica. Noi non accetteremo forzature nè logiche del tipo "prendere o lasciare". Sarà Enrico Letta a trovare la migliore sintesi possibile». «Renzi del resto sa bene - si legge ancora - che questo non è un monocolore democratico, ma un governo di servizio al cui interno convivono le sensibilità di forze politiche alternative mosse da un comun denominatore: mettere in sicurezza l'impianto sociale, politico ed istituzionale del Paese e consentirgli di imboccare finalmente il sentiero della crescita e dello sviluppo». Il 13 gennaio dovrebbero essere pubblicate le motivazioni della sentenza dela Consulta che ha cassato il Porcellum. A partire da quella data la trattativa potrebbe subire un'accelerazione.

Fassina: pronto a mettere il mio mandato nelle mani di Letta e del segretario
Intanto all'interno dello stesso partito democratico arrivano aperture a un dialogo con la "nuova guardia" dei democratici. «È doveroso che la nuova segreteria guidata da Renzi segni l'agenda di governo - afferma Fassina -. E siccome le idee camminano sulle gambe di uomini e donne, il nuovo programma va di pari passo con una nuova squadra a Palazzo Chigi. Basta che lo si faccia in modo costruttivo, per esempio portando le proposte su legge elettorale e lavoro prima in direzione e poi fuori, e non viceversa». Il viceministro dell'Economia spiega di essere «prontissimo a mettere il mio mandato nelle mani di Letta e del segretario del Pd. C'è una valutazione politica che lo impone - aggiunge -: la squadra nel governo Letta è la fotografia di un Pd archiviato dal congresso. Ora il partito nato dalle primarie è un'altra cosa, c'è un altro leader che legittimamente punta a una discontinuità con quel gruppo di ministri e con quel programma».

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