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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2014 alle ore 11:47.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2014 alle ore 14:12.

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Nardi MoroNardi Moro

Le spedizioni sono diverse, ma l'obiettivo è uno solo: scalare il Nanga Parbat per la prima volta d'inverno. Simone Moro e Daniele Nardi hanno voluto riprendere in mano i fili del loro sogno, confrontandosi nuovamente con l'unico ottomila, oltre al K2, rimasto inviolato nella stagione più fredda. Moro è partito il 27 dicembre per il Karakorum e si trova già al campo base per la fase iniziale d'acclimatamento, mentre Nardi lascerà l'Italia il 20 gennaio.

In comune hanno l'ostinazione a conquistare la montagna tentata in precedenza. Moro provò due anni fa con Denis Urubko, l'alpinista kazako con cui ha salito due ottomila in prima assoluta invernale, Makalu e Gasherbrum II. Sul Nanga Parbat furono tuttavia respinti dalle bufere e dal pericolo delle valanghe. Nardi, invece, l'anno scorso arrivò a 6500 metri sullo sperone Mummery, in cordata con la francese Elisabeth Revol. Dovettero desistere a causa del gelo insopportabile, mentre incombeva il maltempo. I due alpinisti italiani sono pronti a vivere un'altra impresa che potrebbe entrare nella storia: ilsole24ore.com li ha sentiti entrambi, per raccontare le loro ambizioni e le differenze che animano i rispettivi progetti.

Un altro inverno in Karakorum a quota ottomila: perché ha deciso di tornare sul Nanga Parbat?
MORO - Per ritentare il progetto che ho sognato e che ha una portata storica, perché rimangono solo Nanga Parbat e K2 da scalare d'inverno. Stiamo parlando di esplorazione, quindi era forte la tentazione di andare.
NARDI - È il fascino dello sperone Mummery, la speranza di completare l'opera iniziata l'anno scorso. Vorrei mettere insieme una via nuova, l'inverno a 8000 metri e lo stile alpino: questi tre aspetti non sono ancora scritti in contemporanea nella storia dell'alpinismo.

Chi sarà il suo compagno di cordata in questa nuova avventura?
MORO - Denis Urubko aveva paura dei terroristi, non si fidava. Ho accettato il suo punto di vista senza forzarlo. Ho trovato in David Goettler un degno sostituto. È molto motivato perché il Nanga Parbat è la montagna dei tedeschi.
NARDI - Sarò da solo, con l'unico supporto di un cuoco e il suo aiutante al campo base. Elisabeth Revol potrebbe raggiungermi, ma credo sarà molto improbabile.

Quale via seguirà per raggiungere la vetta?
MORO - La via Schell sul versante Rupal, per ragioni di sicurezza (le autorità pakistane hanno ripreso da poco a concedere permessi di scalata per il versante Diamir, dopo che la scorsa estate un gruppo terroristico ha ucciso undici alpinisti, ndr). Il vantaggio è che il campo base è facilmente raggiungibile, però è molto basso, a soli 3600 metri. Il dislivello fino alla vetta è moltissimo, questo complicherà la salita.
NARDI - Seguirò lo sperone Mummery sul versante Diamir, individuato da Albert Mummery nel 1895 e finora mai scalato. È la via più diretta per raggiungere la cima del Nanga Parbat.

Ha già provato senza successo a salire il Nanga Parbat nella stagione più fredda, quali insegnamenti ha tratto da quell'esperienza?
MORO - È difficile paragonare perché sono pareti diverse. Due anni fa sul lato Diamir siamo stati molto sfortunati, il tempo era davvero brutto. Cercherò di usare la tattica che mi ha portato in cima altre volte: essere veloce e coordinarmi bene con il mio meteorologo di fiducia.
NARDI - Mi ha insegnato tre cose. La prima è il coraggio di mangiare e bere, che è veramente difficile in quelle condizioni di freddo assoluto. Servono delle ore per sciogliere l'acqua, con due fornelli perché uno da solo rischia di ghiacciarsi. Non bisogna cadere nel tranello di alimentarsi poco perché mancano le forze. La seconda è la velocità, bisogna ridurre i giorni di permanenza sulla parete. La terza è l'importanza di sapersi vestire in modo corretto con i vari strati termici.

Quindi con quale stile affronterà la montagna?
MORO - Sarà uno stile leggero, ma non alpino. Probabilmente piazzeremo un po' di corde fisse sulla montagna, anche se certamente non faremo i carpentieri.
NARDI - Lo definirei così: tutto quello che serve, lo metti nello zaino. Significa dire no a tante cose: portatori, ossigeno, corde fisse, allestimento di campi alti.

Quante possibilità ci sono che lei arrivi in cima?
MORO - Al massimo 15-20% di possibilità.
NARDI - Direi 3-5% non di più.

Sono percentuali molto basse, se paragonate alle spedizioni estive o su altri ottomila invernali. Perché il Nanga Parbat è così difficile?
MORO - È isolato, mancano vette che lo proteggano, perciò i venti ci sbattono sopra con più violenza. È la montagna più grande del pianeta, come dislivello per arrivare in cima.

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