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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2014 alle ore 13:33.
L'ultima modifica è del 11 gennaio 2014 alle ore 13:29.

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(LaPresse)(LaPresse)

«Non si può negoziare un accordo di libero scambio con un Paese che non rispetta i diritti umani». Così il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, scende in campo sulla vicenda dei due marò trattenuti in India che sarebbero esposti al rischio di una condanna a morte. Tajani scriverà a Barroso e Ashton.

Il governo indiano «dia senso concreto alle assicurazioni fornite» sulla vicenda dei marò, «in caso contrario il governo italiano si riserva di assumere, in ogni sede, tutte le iniziative necessarie». Lo si legge nella nota di Palazzo Chigi sulla riunione, presieduta questo pomeriggio dal premier Enrico Letta della task force sul caso. Nell'attesa della chiusura delle indagini, il governo italiano si attende che si dia seguito concreto alle assicurazioni fornite dal governo indiano, coerenti con le indicazioni della Corte suprema, riguardo al fatto che il caso in questione non rientra tra quelli oggetto della normativa antipirateria, per le quali è prevista la pena di morte nel diritto indiano.

Letta: al loro fianco fin quando non li riporemo in Italia
«Confermo - ha dichiarato Letta - che il governo italiano è impegnato con la massima determinazione su questa vicenda e resterà a fianco dei Marò e delle loro famiglie fino a che avremo raggiunto l'obiettivo di riportarli in Italia».

Il rischio pena di morte
È secca la replica del governo italiano, dopo le indiscrezioni pubblicate oggi dal quotidiano Hindustan Times, secondo cui appare verosimile che Latorre e Girone siano rinviati a giudizio per imputazioni, e in forza di norme, che in caso di condanna prevedono appunto la pena capitale. Secondo il quotidiano indiano, infatti, un'intesa raggiunta nelle ultime ore in India a livello inter-ministeriale, riproporrebbe per i due marò italiani proprio lo scenario più inquietante. Questo sarebbe il frutto di un mini-vertice tenuto tra lo stesso Kurshid, il titolare dell'Interno, Sushil Kumar Shinde, e quello della Giustizia, Kapil Sibal.

De Mistura: inaccettabile ricorso a legge antipirateria
Se l'India decidesse di ricorrere al "Sua Act", la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte, sarebbe «inaccettabile» e «noi nel caso prenderemmo le nostre contromisure», aveva detto ai microfoni di Rainews l'inviato del governo per il caso dei due marò, Staffan De Mistura

Le precedenti rassicurazioni indiane
Le indiscrezioni pubblicate oggi, però, smentiscono le rassicurazioni fornite ancora ieri dal ministro degli Esteri indiano, Salman Kurshid, secondo cui va escluso che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano passibili della pena di morte. «La questione della pena di morte applicabile ai marò è già da tempo totalmente esclusa, sia da passate dichiarazioni del ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid, sia da prese di posizione al riguardo nel Parlamento di Delhi» ha dichiarato oggi all'Ansa l'inviato speciale del governo italiano, Staffan de Mistura.

Da New Delhi un'altra voce ancora. «Il governo indiano non ha ancora deciso se consentire alla Nia di procedere contro i due marò in base al Sua Act, la speciale legge marittima che prevede la pena di morte in caso di omicidio, ma lo farà «in due o tre giorni» rende noto il ministro dell'Interno indiano, Sushil Kumar Shinde, all'indomani del vertice di governo a tre (insieme ai colleghi titolari di Esteri, Salman Khurshid e Giustizia, Kapil Sibal) proprio sulla delicata questione. «C'erano molti problemi da discutere» ha detto il ministro durante il suo incontro mensile con la stampa, rispondendo a una precisa domanda sul tema, «e per quanto riguarda la questione dei due militari italiani, una decisione sarà presa in due o tre giorni». Secondo le indiscrezioni che circolano sulla stampa indiana, la Nia potrebbe chiedere la pena di morte ma poi potrebbe rinunciarci, chiamando in causa l'impegno del governo indiano con l'Italia a non applicarla.

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