Perché il massacro di Sabra e Shatila fu una macchia indelebile nella storia di Ariel Sharon
Nel 1982 gli israeliani costrinsero l'Olp di Yasser Arafat a ritirarsi da Beirut ma violando gli accordi con la forza multinazionale guidata dagli americani il ministro della Difesa Ariel Sharon fece circondare i campi profughi di Sabra e Shatila dove entrarono i falangisti cristiani libanesi, alleati di Israele, massacrando centinaia di persone, donne, vecchi e bambini. Quella strage lasciò una traccia indelebile su Sharon e sui rapporti tra Israele e i palestinesi
di Alberto Negri
5. Sabra e Shatila / Vendetta e massacro
In cerca di vendetta per l'assassinio di Gemayel le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18 circa del 16 settembre 1982 entrano nei campi profughi di Sabra e Shatila. L'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini, partecipando attivamente alle operazioni di rastrellamento. I falangisti lasciarono i campi profughi soltanto il 18 settembre.
Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro.
Come in tutte le vicende contemporanee dove è ancora forte l'impatto psicologico e predominano i sentimenti di parte, le cifre sono difficilmente esenti da sospetti di faziosità e restano quindi assai dibattute. Si va dalle circa 450 vittime stimate dall'esercito libanese ai 3.500 delle fonti filo-palestinesi, passando per i 700-800 morti indicati dai servizi segreti israeliani e le 1000-1500 della Croce Rossa internazionale.
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