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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2014 alle ore 08:40.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:39.

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Vecchi capannoni, riconvertiti per dare spazio a startup e incubatori di imprese. Oppure poli industriali di recente costruzione, riconvertiti in centri logistici di smistamento merci al servizio dell'e-commerce. Dopo il periodo della svendita e dell'abbandono, gli immobili produttivi cercano una seconda chance sul mercato.

Sono le uniche opportunità crescenti per un comparto messo in ginocchio dalla crisi delle imprese e dall'eccessiva offerta. A cui si è aggiunto il prelievo fiscale, che con l'Imu ha raggiunto quasi il doppio della vecchia Ici. Di riqualificazioni immobiliari "riuscite", però, se ne contano ancora poche. Un esempio è Jesi Cube, l'incubatore di startup frutto del rilancio produttivo dell'area industriale ex Eridania-Sadam di Ancona, dove fino a 5 anni fa si produceva zucchero. Nella stessa direzione va anche il Polo tecnologico di Navacchio, sorto al posto della vecchia manifattura comunale fuori Pisa, oppure The Hub Bari, nato dentro l'ente fiera in spazi prima inutilizzati.

A trainare l'esigua domanda di spazi, inoltre, è la logistica per i retailer legati al food e i big dell'e-commerce. Primo tra tutti Amazon che a fine 2013 ha ricevuto nuovi 80mila mq di capannoni realizzati su misura a Piacenza. Ma questi player cercano solo immobili di un certo standard, di nuova o recente costruzione, in cemento armato prefabbricato, iper-resistenti al fuoco, dove la merce può restare stoccata in pallet alti anche 12-15 metri. Mentre lo stock di immobili produttivi sul mercato è rappresentato, secondo Gva Redilco, solo per il 15% da immobili di grado A e, anche in questo segmento "certificato", ormai lo sfitto ha raggiunto il 7,5 per cento.

Negli ultimi anni l'«eclatante eccesso di offerta», come lo ha definito Nomisma nel suo ultimo osservatorio immobiliare, ha spinto le quotazioni dei capannoni al ribasso: l'usato è calato in media sul territorio nazionale del 4,4% nel 2013; il nuovo del 3,3 per cento. Ma, come conferma anche Tecnocasa, gli immobili produttivi dislocati lontano dalle arterie principali delle città hanno subito un repricing anche del 16% rispetto al periodo pre-crisi. Con sconti in fase di trattativa che ormai raggiungono il 20 per cento, pur di chiudere l'accordo commerciale.

I prezzi degli spazi produttivi usati vanno dai 710 euro al metro quadro di Palermo ai 1.170 di Roma, passando per gli 808 euro medi a Padova. Sia le compravendite che le locazioni degli spazi sono stati investiti dalla presenza di un'offerta eccessiva, troppo spesso di scarsa qualità e dal calo della domanda. Tanto che i tempi medi per collocare un capannone sul mercato sono cresciuti anche nel 2013, mentre gli altri comparti dell'immobiliare – in particolare abitazioni e uffici – tornavano ad accendere le trattative. Si superano ormai i 12 mesi per vendere un immobile industriale usato, i 10 mesi per affittarlo. «Le prospettive per il 2014 – afferma Nomisma nell'osservatorio di chiusura dello scorso anno – sono di attenuazione del calo di prezzi e canoni».

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