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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:40.

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Diego Della ValleDiego Della Valle

Nei grandi istituti nessuno vede queste storture?
In realtà, e questo è paradossale, in Intesa Sanpaolo e Unicredit, oltre alla qualità degli ad e dei direttori generali, nelle seconde file di management è pieno di persone di buona volontà e molto serie. Questo è un altro punto dolente, la nostra incapacità di far spazio alle nuove generazione. E in ogni caso ritengo ottima l'iniziativa di Unicredit, che nell'ultimo anno ha erogato cento milioni ad altrettante Pmi della moda, per sostenerle e dare un futuro alla filiera.

Veniamo al settore moda. Le torna l'ottimismo?
L'Italia è il Bengodi della qualità, dello stile, del bello e ben fatto. Ci sono i grandi marchi, certo, ma le aziende, compresa la mia, sono diventate famose a livello globale con i loro marchi perché traggono forza dall'industria, dall'artigianato. Dobbiamo rafforzare le scuole professionali, ridare dignità, valore, fascino e peso sociale al lavoro in fabbrica. Pensi al mondo dei cuochi: dieci anni fa nessun giovane voleva iniziare quella carriera, oggi, complice forse persino una trasmissione come Masterchef, sembra il mestiere più glamour del mondo. Deve essere così anche per i mestieri d'arte artigianali.

Suo padre iniziò come artigiano, lei passa la maggior parte del suo tempo a girare per le fabbriche da solo o con compratori stranieri. Come descrive il lavoro degli artigiani?
Sono donne e uomini del Rinascimento, sanno inventare e reinventare ogni giorno il proprio lavoro, trasformano materie prime in oggetti bellissimi. Certo, sarebbe utile pagarli di più. Le aziende che se lo possono permettere già lo fanno e magari danno premi di produzione, ma il nodo è il cuneo fiscale: sarebbe utile ridurlo. Torniamo al sistema Paese: politica e burocrazia sono le vere zavorre. Lo ridico, abbiamo pochi mesi prima di toccare il fondo e non riuscire più a risalire.

Oltre al tessile-moda su cosa deve puntare il Paese?
Su un grande progetto turismo. Ci sono decine di milioni di turisti, cinesi compresi, che sognano di venire qui. Per mangiare, vivere come noi, stare al sole o sciare come noi, e soprattutto vedere il patrimonio artistico-culturale. Noi come rispondiamo? Abbiamo un sistema di promozione turistica federalista e ogni regione o provincia o comune, o meglio ogni assessore, pensa solo al suo piccolo interesse e alla sua poltrona. Le scuole alberghiere non insegnano il cinese, gli alberghi non hanno personale che parla cinese. Pensi agli aeroporti, brutti e impresentabili, soprattutto in confronto ai grandi scali mondiali. Come mai nessuno, anche in vista di Expo 2015, ha pensato per tempo che bisognava rifarli, partendo da Milano e Roma e avere così un biglietto da visita eccellente per il nostro Paese? Dubai ha vinto l'Expo 2020 e ha già quasi raddoppiato il suo già stupendo aeroporto! Questo vale per tutte le nostre infrastrutture: come dicevo prima, ci vuole un grande progetto Paese, che passa per il turismo e va pensato in grande, con una grande visione.

Vuole scendere politica?
Mai voluto. E spero che le persone giovani alla ribalta in quest'ultimo periodo siano in grado di cambiare in tempi brevissimi l'approccio su come individuare risolvere i problemi seri del Paese. Per questo sono un forte sostenitore della discontinuità, della classe politica e di quella dirigente. C'è bisogno di gente nuova che voglia bene al Paese e che non si preoccupi solo di difendere la poltrona e i privilegi che ne derivano. Questo mondo è finito, bisogna solo voltare pagina.

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