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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2014 alle ore 13:20.
L'ultima modifica è del 14 gennaio 2014 alle ore 18:17.

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Caduto l'ultimo alibi - l'attesa (durata 38 giorni) delle motivazioni con cui la Consulta aveva bocciato il Porcellum lo scorso 4 dicembre - i partiti sono da oggi costretti a riprendere in mano la faticosa tessitura sulla nuova legge elettorale.

Se i giudici costituzionali hanno dato chiare indicazioni (sul premio di maggioranza che non deve generare distorsioni e sulle liste di candidati che possono essere "bloccate" ma non eccessivamente lunghe), dall'altra hanno lasciato ampi margini di manovra all forze politiche. Che così si ritrovano di fronte alle proprie responsabilità e divisioni.

Il tris di Renzi
Si riparte dalla rosa di proposte messa sul tavolo dal segretario del Pd Matteo Renzi nei primi giorni del nuovo anno che sembra aver retto l'"urto" della Consulta. Il tris di "offerte" ai propri interlocutori era composto dalla riforma sul modello spagnolo (divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% e massimo di quattro o cinque eletti deputati per ciascuna circoscrizione); dalla rivisitazione della legge Mattarella (475 collegi uninomali e assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l'attribuzione di un premio di maggioranza del 15%); da un riassetto "ispirato" dal doppio turno di coalizione dei sindaci (al vincitore va il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti).

L'impatto della Consulta
Come si vede i primi due progetti contengono un premio di maggioranza che, però, non sembra essere "irragionevole" come invece quello del Porcellum finito sotto la mannaia della Consulta. Che ha censurato la "lenzuolata" di candidati imposti dalla legge voluta dal centrodestra nel 2005 ma ha "aperto" a quelle corte, proprio come previsto dal modello di Madrid reinterperato dal sindaco di Firenze. Per la verità sulla compatibilità delle proposte renziane con i precetti della Consulta si sono levate già obiezioni tra gli esperti, come quella del costituzionalista Mauro Volpi (ex membro laico del Csm), secondo il quale i tre modelli prevedono un premio di maggioranza «che in alcuni casi non è legato affatto a una soglia minima e che correrebbe il rischio di essere eccessivo e di pregiudicare sia l'uguaglianza del voto sia la rappresentatività del'organo parlamentare».

Le posizioni
Messe da parte per il momento le tecnicalità, sulla strada che porta a una nuova legge elettorale e scongiura il rischio di andare a votare con quella "rimasta" dopo gli interventi della Consulta, di fatto un proporzionale puro con una sola preferenza ci sono innanzitutto ostacoli di carattere politico. Perché le posizioni creano un rebus di non facile soluzione. A Silvio Berlusconi, per esempio, non sono mai piaciuti i collegi uninomali perché considera quel tipo di competizione non adatta ai suoi candidati. Ultimamente, però, ha cambiato idea e ha auspicato il ritorno al Mattarellum. "Il Mattinale" (la nota politica redatta dallo staff del gruppo di Forza Italia) legge così le motivazioni della Consulta: una spinta «verso una legge elettorale di tipo spagnolo, con premio di maggioranza compatibile con il principio di ragionevolezza, senza negare la via per un Mattarellum ridisegnato. Berlusconi docet».

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