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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2014 alle ore 06:43.

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DETROIT. Dal nostro inviato
Sergio Marchionne accoglie il governatore del Michigan in visita al Salone dell'auto di Detroit, ma non riesce a sottrarsi alle polemiche sul possibile trasferimento della sede verso gli Stati Uniti. In un'intervista a Radio1 il segretario della Fiom, Maurizio Landini, ha accusato ieri: «La famiglia Agnelli non tira fuori neanche un euro né negli investimenti nel settore auto né nell'impegno a mantenere la presenza in Italia», e ha chiesto che «la presidenza del Consiglio, che si preoccupa di portare in Italia investitori stranieri, si preoccupi anche e soprattutto che i grandi gruppi italiani non vadano all'estero». Marchionne ha risposto ieri dal Salone che Fiat «ha speso miliardi di investimenti in Italia».
I rapporti sindacali non sono tutti rose e fiori neppure da questa parte dell'Atlantico: ieri il manager di Fiat-Chrysler ha avvertito sindacati e politici canadesi che potrebbe cancellare il previsto investimento da 1 miliardo di dollari in Ontario per le nuova gamma di monovolume, se il governo non darà gli incentivi previsti e assistenza finanziazria e se i sindacati non faranno concessioni. «C'è una serie di problemi sul tappeto, oltre ai costi, è semplice: dobbiamo creare le condizioni perché questo sia un investimento di successo». Il Governatore del Michigan, Rick Snyder, ha detto ieri di essere «felice della transazione che sta per essere completata da Fiat». Secondo Snyder «il nostro ruolo é creare il contesto giusto per gruppi di successo che continuano a fare sempre più il meglio».
Il tema della futura sede di Fiat-Chrysler resta scottante. Lo ha ammesso lo stesso Marchionne, quando in un'intervista alla radio WJR ha detto che «quella del domicilio legale è una questione difficile, con molte implicazioni emotive». Ma il suo orientamento non cambia: «C'è una naturale propensione a muoversi qua» negli Stati Uniti, il cui «peso è così grande... Oltre il 50% delle vendite combinate sono originate qui». Nel mercato americano, ha aggiunto il manager, «c'è tanta liquidità per finanziare quello che stiamo cercando di fare». Per la nuova entità che nascerà dalle nozze tra Fiat e Chrysler una «visione più chiara» si avrà dopo il consiglio di amministrazione del Lingotto in calendario il prossimo 29 gennaio, che si occuperà anche degli aspetti finanziari.
«Abbiamo iniziato a guardare a tutta la struttura finanziaria sia di Fiat sia di Chrysler. Ora cerchiamo di vedere come sfruttare le opportunità disponibili sul mercato che è estremamente liquido e le capacità di Chrysler di finanziarsi e autofinanziarsi. Speriamo che per quando ci rivediamo per il piano di maggio avremo le idee più chiare su come finanziare tutta la baracca». Poiché Fiat ha comunque 3,9 miliardi di euro tra bond e prestiti in scadenza quest'anno, è possibile che nell'ambito del suo programma di emissioni sui mercati europei torni a finanziarsi già nelle prossime settimane, magari appena dopo il cda del 29 gennaio. Chrysler intanto ha sua volta rinegoziato a fine dicembre il tasso di interesse sul prestito da 2,9 miliardi di dollari con scadenza 2017, ma non può eliminare i vincoli alla distribuzione di fondi prima del 2016 senza pagare penali definite "oscene" da Marchionne.
Marchionne ha assegnato ieri un obiettivo estremamente ambizioso alla Jeep: raggiungere quest'anno quota 1 milione di unità, rispetto alle 731mila del 2013. Un obiettivo «tirato», lo ha definito Mike Manley, responsabile del brand, il quale aveva in precedenza parlato del 2015.
Ieri intanto Max Warburton, analista della Alliance Bernstein, ha alzato da 6 euro a 6,25 il prezzo obiettivo delle azioni Fiat dopo il completamento dell'operazione Chrysler, pur mantenendo la raccomandazione market perform (andamento come il mercato). Warburton stima che Chrysler possa ottenere nel 2014 un utile netto di 2,6 miliardi di dollari; i covenant citati da Marchionne permetterebbero a Fiat di estrarne la metà, ovvero 1,3 miliardi (poco meno di 1 miliardo di euro). Il titolo Fiat ha chiuso a 6,81 euro (+0,3%).
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