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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2014 alle ore 17:31.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2014 alle ore 12:25.

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Il caso sollevato dal Sole 24 Ore
Con un'altra risposta a un'interrogazione di Filippo Busin (Lega), l'Economia conferma che l'individuazione dell'aliquota Imu da applicare agli immobili sottoposti a procedimento di sfratto esecutivo nei quali continua a dimorare l'inqulino insolvente resta nell'autonomia regolamentare del comune e non può, per legge, essere applicata nel caso specifico l'aliquota Imu propria stabilita per gli immobili locati. La questione era stata sollevata da un articolo del Sole 24 Ore del Lunedì del 6 gennaio scorso. L'articolo ha riportato la lettera di una lettrice di Ancona su un alloggio affittato nel 2010 con contratto a canone concordato, per il quale nel capoluogo marchigiano si applica l'aliquota dello 0,76 per cento. In seguito l'inquilino ha smesso di pagare, e la proprietaria ha ottenuto lo sfratto esecutivo a marzo del 2013, con risoluzione del contratto. L'immobile, però, è rimasto ancora occupato e lo sgombero è stato fissato per maggio 2014. Nel frattempo, però, i funzionari comunali hanno comunicato che il contratto tecnicamente non esiste più e la casa viene tassata come se fosse sfitta, con l'aliquota dell'1,06 per cento. Sul punto, quindi, la risposta del Mef fa registrare una chiusura, con l'obbligo di applicare quindi l'aliquota massima per l'Imu.

Mini-Imu
Sulla possibilità concessa ai comuni di stabilire l'importo minimo degli accertamenti sui versamenti effettuati, l'Economia spiega che allo stato non occorre nessun intervento normativo ad hoc. Già ora è espressamente previsto che i Comuni possono disciplinare con «regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene all'individuazione e definizione delle fattispecie imponibili e dell'aliquota massima dei singoli tributi». Il tutto senza complicare la vita ai contribuenti.

I dirigenti dell'agenzia delle Entrate
Critiche sono arrivate da Scelta civica su un'altra risposta arrivata nel question time in commissione Finanze alla Camera. «Siamo abbastanza perplessi nell'apprendere che, su 74 posizioni di livello non dirigenziale istituite in sostituzione di alcune posizioni dirigenziali eliminate in ossequio a quanto previsto dal decreto sulla spending review del 2012, l'agenzia delle Entrate ne abbia attribuite ben 53 proprio ai medesimi funzionari che, sino ad allora, ricoprivano le posizioni dirigenziali soppresse». È la posizione espressa da Enrico Zanetti, deputato di Scelta Civica e autore dell'interrogazione. «La norma sulla spending review prevede infatti che le posizioni sostitutive di livello non dirigenziale vengano attribuite sulla base di procedure selettive che, in quanto tali, dovrebbero consentire a tanti funzionari di competere, piuttosto che tradursi in oltre due casi su tre nella mera riassegnazione del posto a chi già lo ricopriva - continua ancora Zanetti - Questa circostanza, unita all'altra nota vicenda delle nomine illegittime e poi sanate con una norma ora al vaglio della Corte costituzionale, ci porta a credere che all'interno dell'agenzia delle Entrate ci sia bisogno quanto prima di maggiore trasparenza nelle progressioni di carriera interne all'ente, così da evitare comprensibili derive demotivazionali interne che sarebbero quanto mai perniciose per una efficace lotta all'evasione fiscale»

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