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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2014 alle ore 06:44.

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MILANO
Sarà un 2014 di ripresa solo «tecnica» per la siderurgia italiana. I numeri sulla carta indicano un timido ritorno al segno «più» per i principali indicatori del comparto, ma la situazione, come confermano numerosi addetti ai lavori, è ancora lontana da una normalizzazione.
Il 2014, anzi, rischia di portare allo scoperto i nodi che il settore (non solo a livello italiano, ma anche continentale) si trascina da tempo: l'eccesso di capacità produttiva, l'arrembaggio dei paesi emergenti (Turchia in testa), la necessità di riposizionamento su segmenti a maggiore valore aggiunto. Tutto questo nell'anno in cui sono definitivamente esplose le criticità (ancora lontane dall'essere risolte) dei tre principali poli siderurgici italiani: l'Ilva di Taranto, la Lucchini di Piombino-Trieste, l'Ast di Terni.
La notizia positiva, al momento, è il timido ritorno alla crescita: dopo un primo semestre interlocutorio, nella seconda parte dell'anno i consumi imboccheranno con decisione la strada della ripresa. «L'entità dell'incremento – sottolinea Gianfranco Tosini, responsabile del centro studi di Siderweb – resterà però molto contenuta, non sufficiente a controbilanciare i cali dell'ultimo anno». Secondo le prime indicazioni, nel settore dell'auto, dopo il -7,1% accumulato l'anno scorso, ci sarà un incremento del 3,1% delle richieste. Allo stesso modo anche gli altri comparti torneranno ad avere bisogno di acciaio: la meccanica e gli elettrodomestici cresceranno del 2,5%, i tubifici aumenteranno le loro richieste del 4%, i mezzi di trasporto non automotive cresceranno del 3,6 per cento. Lo ha confermato anche il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani – impegnato nel dare seguito fattivo agli impegni assunti dall'«action plan» europeo per la siderurgia –, secondo il quale «la ripresa della domanda da parte dei settori consumatori d'acciaio avrà l'effetto di ridare ossigeno al comparto». Unica eccezione l'edilizia, per la quale si prevede una variazione negativa del 3,5% anche nel 2014, dopo il -11,2% accumulato quest'anno. In sintesi, la piccola crescita del 2014 è quindi affidata alle specialties e non certo alle commodities: ai prodotti piani, alle speranze di ripresa dell'automotive e dei tubifici. Più attardati i produttori di lunghi, zavorrati dal mercato interno e con l'export legato al mercato di un solo paese, l'Algeria che, comunque, secondo le previsioni degli analisti, dovrebbe garantire, almeno per l'anno prossimo, ancora consumi consistenti.
La produzione italiana di acciaio si è ridotta del 12,2% nel 2013 (contro il -3,8% europeo), attestandosi a circa 24 milioni di tonnellate, contro i 27,2 dell'anno precedente. Il calo maggiore è stato quello nei piani, che scontano anche l'effetto Ilva (-19% nei primi 11 mesi secondo le stime), -4% invece la frenata nei lunghi. Eurofer stima per il 2014 una crescita della produzione di acciaio del 2,1 per cento. A livello europeo il mercato è spaccato in due, con il nord avviato con più convinzione sulla strada della ripresa rispetto al sud. Diverso il quadro internazionale: sempre secondo Eurofer, la Cina crescerà del 3%, i paesi extra Ue cresceranno a un tasso del 4,6%, l'America latina del 5%, il medio Oriente del 6,3%, l'Africa dell'8 per cento. Tra i competitor internazionali, gli operatori non hanno dubbi nell'individuare nei turchi la minaccia peggiore, forti della loro collocazione geografica, di un mercato interno in crescita e di una struttura efficiente sia dal punto di vista impiantistico che logistico e organizzativo.

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