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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2014 alle ore 15:10.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2014 alle ore 08:39.

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Trasbordo «da nave a nave»
Il porto calabrese di Gioia Tauro si prepara così ad ospitare il transito delle armi chimiche provenienti dalla Siria che si trovano a bordo della nave danese Arc Futura. «Si tratta della più importante operazione di disarmo negli ultimi dieci anni», ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato parlando delle operazioni per la distruzione dell'arsenale chimico siriano. «In linea con lo storico impegno del nostro Paese a sostegno della pace e della sicurezza internazionale - sottolinea una nota di palazzo Chigi sul passaggio nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche siriane - tale sforzo costituisce un contributo concreto e imprescindibile a garanzia della stabilità e della sicurezza nella regione mediterranea e mediorientale».

Subito dopo l'annuncio sono arrivati i ringraziamenti dell'Opac: «Voglio ringraziare l'Italia per il suo generoso contributo, fornito mettendo a disposizione un porto italiano» per le operazioni di distruzione di armi chimiche siriane», ha detto il direttore generale dell'Opac, Ahmet Uzumcu, ricordando che gli ispettori dell'Opac saranno a bordo della nave americana. L'operazione è «singola, e non si ripeterà», ha aggiunto Uzumcu annunciando che il trasbordo avverrà «speriamo all'inizio di febbraio, in ogni caso entro la prima metà del mese. E la distruzione nei successivi due mesi».

L'Opac: il materiale tossico non sarà gettato in mare
Gli agenti chimici siriani, trattati sulla nave staunitense Cape Ray dopo essere stati caricati al porto di Gioia Tauro, non saranno gettati in mare «perché espressamente proibito dalla convenzione sulle armi chimiche». Lo ha detto oggi il direttore generale dell'Opac, Ahmet Uzumcu, davanti alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Tale operazione, inoltre, sarebbe «contraria a ogni legge internazionale», ha aggiunto.

Il sindaco di San Ferdinando: un'ordinanza per chiudere Gioia Tauro
«Mettono a repentaglio la mia vita. Se succede qualcosa la popolazione mi viene a prendere con un forcone». Ha reagito il sindaco di Gioia Tauro Renato Bellofiore . «È gravissimo - aggiunge -. Forse il ministro Bonino non sa cos'è la democrazia».

«Stiamo valutando di emettere un'ordinanza per chiudere il porto», ha detto poi detto Domenico Madaffari, sindaco di San Ferdinando, il comune in cui ricade il 75% del porto, tutte le banchine. «Vedrò - ha aggiunto - con i colleghi di Gioia e Rosarno cosa si può fare con molta calma. Voci danno arrivo nave domani». Gli ha risposto subito, però, il ministro Lupi: «Il porto di Gioia Tauro non chiude», altrimenti «occorre farlo per le operazioni analoghe che vi si svolgono tutto l'anno. Anche in questo preciso momento si sta lavorando» a materiali chimici nello scalo calabrese.

Nel frattempo è intervenuto anche il segretario nazionale del Sul, il sindacato dei portuali di Gioia Tauro, Antonino Pronestì: «Se ci saranno certezze sulle condizioni di sicurezza sul lavoro si può anche fare. Abbiamo saputo della decisione di mandare le armi chimiche della Siria a Gioia Tauro dai media».

La replica del ministro Lupi: il porto non chiude
«Il porto di Gioia Tauro non chiude», altrimenti «occorre farlo per le operazioni analoghe che vi si svolgono tutto l'anno. Anche in questo preciso momento si sta lavorando «a materiali chimici nello scalo calabrese». Così il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi replica al sindaco di San Ferdinando che ha minacciato la chiusura del porto.

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