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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2014 alle ore 08:16.

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ROMA
La Commissione europea è pronta a sbloccare la «clausola di flessibilità» da destinare a investimenti pubblici produttivi, se come annunciato e promesso il governo italiano rispetterà gli impegni sul fronte del deficit e della riduzione del debito, anche grazie ai proventi attesi dalla spending review e al piano di dismissioni di asset pubblici. Al termine di una colazione di lavoro informale con il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, il vice presidente dell'esecutivo comunitario e commissario agli Affari economici, Olli Rehn, a Roma per una visita privata, si è detto «fiducioso» che l'Italia riesca a centrare i suoi obiettivi.
Al centro del colloquio, il tema della crescita, che Banca d'Italia fissa allo 0,7% quest'anno contro il più ottimistico 1,1% previsto dal governo. A parere di Rehn, il target indicato da Via Nazionale, peraltro in linea con le ultime stime della stessa Commissione, «è credibile».
L'incontro è servito a fare il punto sulle prossime misure allo studio del governo, in previsione delle comunicazioni che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, esporrà alla Commissione e al collegio dei commissari il prossimo 29 gennaio. Appuntamento di rilievo, che precede la messa a punto, da parte di Bruxelles, delle nuove stime macroeconomiche attese per febbraio. In quella sede, la Commissione renderà esplicita la sua posizione sulla «clausola di flessibilità», che lo scorso novembre era stata sospesa in attesa appunto che il governo definisse la sua strategia antidebito, potenziando le misure contenute nella legge di stabilità. Si è deciso concordemente in quella sede di rinviare appunto a febbraio il confronto su una partita che per noi può valere fino a 4,5 miliardi, parte dei quali peraltro già incorporati nei saldi della manovra e nei target di finanza pubblica. Non a caso, la Nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre colloca al 2,5% la previsione per il deficit 2014, lo 0,2% in più rispetto alla precedente stima.
È lo stesso Rehn a ricordare che l'Italia deve porre «un forte accento sulle riforme» per agganciare crescita e occupazione. «Non vi è spazio per il compiacimento», anche se di certo è una buona notizia che nel terzo trimestre del 2013 la caduta del Pil si sia arrestata. La variabile politica resta decisiva, ma a chi gli chiede di esprimere un giudizio sul peso specifico della stabilità nel percorso di consolidamento dei conti, Rehn preferisce replicare diplomaticamente: «Non è mia abitudine entrare nelle questioni di politica interna dei singoli paesi». Nel corso del colloquio, Saccomanni ha esposto a Rehn lo stato di avanzamento degli interventi già attuati e di quelli in cantiere: dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia, oggetto del decreto in via di conversione da parte della Camera, all'operazione di rientro dei capitali esportati illegalmente.

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