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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2014 alle ore 17:57.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2014 alle ore 20:39.

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Al pari del calabrone che in base alle leggi della fisica non potrebbe sollevarsi da terra e invece vola, così il patto Renzi-Berlusconi per ora regge. Anzi, si è creata una di quelle situazioni singolari che sono tipiche della politica italiana. Nel senso che sabato è nata una strana maggioranza, sia pure per le riforme e non per il governo. Una maggioranza di cui si conoscono due gambe: appunto il segretario del Pd e il leader di Forza Italia. Ma la terza gamba dov'è? Dovrebbe essere il presidente del Consiglio Letta, partner-rivale di Renzi e determinante anche in questa nuova fase. Ma Palazzo Chigi è nella sostanza assente ed estraneo rispetto agli eventi delle ultime ore.

È vero che il premier si è compiaciuto per l'accordo del Nazareno, vedendovi l'avvio del processo riformatore e cogliendo in questo la speranza che il governo abbia la strada spianata di qui al 2015. Ma questo potrebbe non essere sufficiente in mancanza di un maggiore dinamismo da parte della presidenza del Consiglio. Anche perché i fattori di logoramento del governo sono sotto gli occhi di tutti e richiedono prima o poi una coraggiosa iniziativa da parte di Letta. Altrimenti si determina un assoluto paradosso: l'esecutivo è sostenuto da un segretario del Pd che a esso non risparmia feroci critiche e che va a braccetto in Parlamento con Berlusconi in nome delle riforme.

C'è qualcosa di stridente in questa triangolazione imperfetta, tale da far invidia al suddetto calabrone. Tanto è vero che il ministro dell'Interno Alfano si è defilato, facendo buon viso a cattivo gioco. Sulla riforma elettorale come sulla "rilegittimazione" di Berlusconi, il gruppo del Nuovo Centrodestra avrebbe molto da dire; ma è consapevole di non avere abbastanza forza politica per mettersi di traverso e quindi ha scelto la linea morbida. Del resto Alfano, in qualità di responsabile del Viminale, avrà parecchia voce in capitolo quando si tratterà di ridisegnare i collegi elettorali: un compito che spetta al ministero dell'Interno e che potrebbe richiedere più tempo del previsto.

In secondo luogo, Renzi non può permettersi oggi di far esplodere la crisi di governo. Non ne avrebbe la convenienza e inoltre si troverebbe contro il Quirinale che invece guarda con interesse al percorso riformatore in atto. È anche per questo che Alfano e Renzi hanno mantenuto un sottile e sottinteso filo tra loro: la prospettiva strategica li divide, ma la tattica oggi li avvicina. Tanto più che il vero e più immediato problema il segretario del Pd lo ha con il suo stesso partito.

Oggi la Direzione dovrà ratificare il testo della legge elettorale e non sarà un passaggio scontato. I difetti della proposta sono tutti emendabili, ma per il momento lasciano perplessi un segmento consistente del gruppo dirigente e dei parlamentari: le liste bloccate, quindi senza preferenze, il premio di maggioranza molto alto a fronte di una soglia fra il 35-36 per cento, la consistenza effettiva del "diritto di tribuna" riservato ai piccoli partiti.

Spetta ai democratici, assai più che ai centristi di Alfano, sciogliere i nodi e ricordare che la Corte Costituzionale, sullo sfondo, vigila sui criteri della riforma. L'intervento sul "Porcellum" è molto recente e avrebbe poco senso varare in Parlamento una legge con gli stessi limiti della norma precedente e come tale esposta ai medesimi rischi di annullamento. Anche per questi aspetti è presumibile che il presidente della Repubblica stia seguendo con attenzione lo sviluppo del dibattito politico. Innovazione e stabilità sono stati in questi anni i due cardini indicati da Napolitano come essenziali. Non c'è ragione di ritenere che oggi la sua posizione sia cambiata.

A maggior ragione questo significa che Enrico Letta ha il dovere di irrobustire la sua azione di governo. Lasciare al binomio Renzi-Berlusconi tutto lo spazio politico e mediatico può essere conveniente nel breve termine, fin quando non risulta chiaro in quale direzione intende muoversi lo strano connubio nato in via del Nazareno. Ma nel medio periodo il duopolio deve diventare una sorta di triade, con la terza gamba a Palazzo Chigi. Finora Renzi non ha fatto niente per tagliare sul serio la strada al premier. Adesso però è necessario che Letta esca dall'incertezza e metta sul piatto, in modo credibile, la famosa agenda per il 2014.

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