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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2014 alle ore 12:51.
L'ultima modifica è del 21 gennaio 2014 alle ore 16:44.

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Ci sono prove evidenti del fatto che il regime siriano ha praticato in modo sistematico la tortura e ha giustiziato circa 11mila detenuti dall'inizio della rivolta, nel marzo 2011. È quanto si legge in un rapporto redatto da tre esperti legali, già procuratori nei tribunali internazionali per l'ex Jugoslavia e la Sierra Leone, sulla base di migliaia di fotografie e documenti consegnati da un poliziotto militare che ha disertato.Uno degli autori del report dice alla Bbc che ci sono prove di un coinvolgimento del governo di Damasco, che da parte sua nega qualsiasi abuso. Non è il primo report che accusa Assad e in quanlche misura anche le forze di opposizione, ma la differenza non è solo l'atrocità delle immagine ma il fatto che le prove arrivano da un insider nell'esercito di Assad.

Il documento, pubblicato oggi da Bbc, Cnn e Guardian, è reso noto alla vigilia dell'avvio della conferenza di pace denominata Ginevra 2. Il rapporto è stato commissionato dal Qatar, che appoggia i ribelli, e si basa sulla testimonianza di un poliziotto che ha lavorato segretamente con un gruppo dell'opposizione prima di disertare e lasciare il paese. L'agente avrebbe consegnato circa 55mila immagini digitali di 11mila detenuti morti.

Le fotografie coprono il periodo che va dall'inizio della rivolta, nel marzo 2011, fino ad agosto dello scorso anno. I tre legali che hanno visionato le immagini hanno riferito di corpi emaciati, molti dei quali era stati picchiati o soffocati. «Occhi strappati, corpi mutilati. Le immagini - si legge nel dossier - sembrano richiamare quelle dei campi di concentramento nazisti e perciò possono contribuire a far parlare di crimini contro l'umanità».

«Questa è la pistola fumante - ha detto David Crane, uno degli autori del rapporto - questo genere di prova piacerebbe a ogni procuratore. Questa è la prova evidente della macchina di morte del regime». Le crudeltà erano già state evidenziate in passato, sebbene su scala minore, dalle Nazioni Unite e altre organizzazioni umanitarie, come Human Rights Watch ma il report sembra dare una dimensione ancora più tragica e su larga scala delle atrocità che si stanno commettendo in Siria. Una prima reazione è giunta dal ministro degli Esteri britannico, William Hague: «Continueremo ad adempiere ai nostri compiti facendo pressione per agire contro la violazione sistematica dei diritti umani in Siria».

Domani i colloqui di pace Ginevra II, che si sono aperti a Montreux continueranno nella città svizzera. I colloqui costituiscono il più grande sforzo diplomatico di arrivare a una tregua nella guerra civile che si combatte dal 2011 che ha fatto più di 100mila morti, fra cui centinaia di bambini, e milioni di dispersi e profughi. Città abbandonate e distrutte, un paese mattatoio. Il report non è l'unico: sempre oggi attivisti di Human Rights Watch accusano nel report annuale Russia e Cina, colpevoli di permettere abusi bloccando le iniziative delle Nazioni Unite. Non mancano accuse al regime ma anche a chi appoggia l'oppozione di essersi macchiati di omicidi e sentenze di morte senza processo.


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