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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:50.

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Riduzione dei salari del 15%, stop a premi aziendali, scatti d'anzianità, pagamento delle festività. Questo il piano di Electrolux per salvare la produzione nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale svedese. Resta ancora aperta l'ipotesi di chiusura dell'impianto di Porcia. «Una proposta irricevibile», così hanno risposto i sindacati all'Electrolux. E il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, chiede al governo di non rimanere inerte. Un tavolo è stato convocato per domani al ministero dello Sviluppo.

Non è tanto sul costo del lavoro che si gioca la partita più difficile di Electrolux: il vero snodo, che ieri ha contrapposto azienda e sindacati, è la possibile chiusura del sito di Porcia (Pordenone) che al momento non appare scongiurata nemmeno nell'ipotesi di un accordo sulle retribuzioni. Ieri, nel confronto che si è tenuto a Mestre, si sono scoperte le carte: a partire da un taglio del 12% subito, al quale andrebbe aggiunto un ulteriore 3% nei prossimi tre anni. Un intervento concentrato sulla parte "premiale" della busta paga, con una sospensione della parte di stipendio legata alla contrattazione di secondo livello: circa 130 euro al mese, su stipendi medi di 1.350.
Una manovra che non metterebbe comunque in salvo dagli esuberi già annunciati dalla multinazionale per i quattro siti italiani sotto osservazione. Si parla di 182 persone a Solaro, Milano (lavastoviglie); 160 a Forlì (forni e piani cottura), 331 a Susegana, Treviso (frigoriferi), più altri 150 negli uffici. E resta l'ipotesi di chiusura per Pordenone: proprio nella regione dove, nei giorni scorsi, si sono registrate le iniziative più forti per trattenere la multinazionale dell'elettrodomestico.
Alla proposta messa nero su bianco dall'associazione provinciale degli industriali, un accordo territoriale denominato "Pordenone, laboratorio per una nuova competitività industriale" nato sull'onda del «rischio imminente di perdita di alcuni fondamentali patrimoni industriali», è seguita la mossa della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha messo sul piatto risorse per 98 milioni di euro. Eppure, secondo quanto riferito da fonti sindacali, attualmente «non ci sono possibili recuperi di competitività» che potrebbero salvaguardare il sito, oltre 1.100 dipendenti più l'indotto; una decisione finale non sarebbe comunque presa prima di aprile.
Al tavolo della trattativa l'azienda avrebbe in sostanza annunciato che neanche le misure di contenimento del costo del lavoro basterebbero per salvare il sito friulano, che richiederebbe interventi della Regione e del Governo. La proposta per i siti italiani prevede una serie di misure: da un taglio dell'80% dei 2.700 euro di premio aziendali, alla riduzione delle ore lavorate (oggi coperta con contratti di solidarietà), con blocco dei pagamenti delle festività, dimezzamento dei permessi sindacali e lo stop agli scatti di anzianità.
Un piano «irricevibile», secondo Gianluca Ficco, coordinatore nazionale Uilm per l'elettrodomestico: «Non possiamo accettare l'ambiguità dell'azienda dove si parla di riduzione dell'orario: non si capisce se sia previsto il ricorso agli ammortizzatori sociali come la solidarietà, ancora potenzialmente disponibili per i prossimi tre anni; altrimenti, la riduzione comporterebbe un ulteriore taglio secco del 25% delle retribuzioni. A fronte dei sacrifici chiesti, che includono un aumento dei ritmi di produzione e una riduzione delle pause, resta poi la possibilità di una chiusura: a questo punto chiediamo un intervento immediato del Governo».
«Ci hanno proposto programmi del tutto virtuali – afferma in una nota Anna Trovò segretario nazionale Fim-Cisl – con budget produttivi in crescita poco credibili e non specifici, che hanno gambe molto fragili, considerato lo stato del settore e le previsioni degli altri produttori. Inoltre anche gli impegni a investire sul nuovo frigorifero Cairo 3, destinato alla fabbrica veneta di Susegana, sono venuti meno e ciò, in prospettiva, pone un grande punto interrogativo anche su questo impianto».
Domani è in programma la prima assemblea a Porcia. Gli elettrodomestici italiani, ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, «sono di ottima qualità, ma risentono di costi produttivi superiori ai nosrti concorrenti» e bisogna quindi ridurli. Fra i punti critici – ha aggiunto – c'é il problema del costo del lavoro». Il ministro ha assicurato che «il governo é pronto a dare una mano a questo comparto strategico per la nostra industria»; il tavolo ministeriale si riunirà domani, alle ore 16, al ministero dello Sviluppo.

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