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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 06:41.

«Siamo di fronte a un fenomeno congiunturale che non mette in ombra i successi raggiunti ma - ammette Gul - qualche cosa dopo 10 anni doveva pur accadere. Anzi questa crisi potrebbe trasformarsi in un'opportunità: abbiamo raccolto complimenti per un decennio, c'è stato un rilassamento ed è venuto il momento di prendere decisioni importanti. Ma voglio sottolineare che la Turchia anche nel 2013 è stato il Paese a crescere più velocemente in Europa».
Eppure non si può ignorare che il Paese, irritato dalle tendenze autoritarie del premier e insofferente all'islamizzazione, sia scosso da una tangentopoli che ha costretto alle dimissioni di tre ministri, dalle reciproche accuse tra Gulen ed Erdogan, dal licenziamento per ritorsione da parte del governo di dozzine di giudici e migliaia di poliziotti ritenuti seguaci dell'imam. Cosa pensa Abdullah Gul dello stato di salute dell'Akp di cui è stato uno dei fondatori?
«L'Akp è un partito democratico e conservatore che attribuisce importanza ai valori religiosi ma è fortemente liberale nella gestione dell'economia. Alcuni membri sono accusati di corruzione, l'importante è che tutto si svolga nella legalità e i tribunali decidano in maniera indipendente».
Ma Gul, che come il presidente Napolitano in Italia, si sente garante delle istituzioni manda anche un messaggio forte e neppure troppo trasversale a Erdogan.
«Voglio ripetere con fermezza che la corruzione è intollerabile, in qualsiasi forma. E aggiungo che in una democrazia non è detto che si debbano sostenere sempre gli stessi partiti: si può cambiare idea. Come pure a ogni livello dell'apparato statale ci sono persone che non si comportano come dovrebbero. Ma nessuna di queste è in grado di danneggiare la nostra stabilità: non c'è un rischio politico in Turchia».
La legge in discussione all'Assemblea nazionale, con scontri durissimi, anche fisici, tra l'Akp e il partito laico d'opposizione, il repubblicano Chp, proietta però molte ombre sull'indipendenza della magistratura. Dopo avere messo il bavaglio alla stampa, Erdogan intende controllare i giudici. Anche la Tusiad, la Confindustria turca, ha espresso forti preoccupazioni.
«È giusto che mi faccia questa domanda. Abbiamo iniziato i negoziati per l'adesione completa all'Unione e il nostro obiettivo è essere ancorati al quadro giuridico europeo. Potere esecutivo, legislativo e giudiziario devono restare del tutto separati. Alla prima bozza della legge ci sono state in Parlamento legittime obiezioni ma credo che quando prenderà la sua forma definitiva rispetterà tutti i criteri democratici».
L'imam Gulen, residente negli Usa, capo della popolare confraternita Cemaat e un tempo alleato dell'Akp contro i generali kemalisti, è sceso in campo contro Erdogan che lo accusa avere ordito un golpe con la magistratura. Chiediamo a Gul della lettera ricevuta da Gulen.

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