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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2014 alle ore 07:31.
L'ultima modifica è del 31 gennaio 2014 alle ore 07:47.
Le bacchettate del Tar
Il Tar va giù pesante su queste pratiche anticoncorrenziali. Denuncia l'esistenza di un tavolo di spartizione degli affari, i cui soggetti – scrive – erano «riuniti in raggruppamenti tra loro collegati» e avevano «chiaramente posto in essere accordi illeciti al fine di determinare i contenuti delle offerte e così dividersi l'oggetto della concessione in funzione di una sicura assegnazione». Si vedrà se le aziende, tra cui Pea, Platani e Tifeo del gruppo Falck, riusciranno a ribaltare in appello un giudizio così pesante. La discussione davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (l'equivalente del Consiglio di Stato) si è chiusa l'11 dicembre 2013 e si è in attesa della sentenza si secondo grado.
Le rivelazioni di Technip
Il nome del gruppo Falck ricorre spesso nella comparsa di Gea, a proposito di richieste e movimenti sospetti di denaro. La società tedesca scrive di avere appreso solo nell'ottobre 2006 dell'anomala procedura di aggiudicazione del Progetto Sicilia. Si legge nel documento: «Il dottor Martin, legale rappresentante della primaria società di costruzione di impianti di trattamento rifiuti Martin Gmbh, informava il dr. Scherf (legale interno di Gea) e il dott. Hebel, amministratore delegato di Lentjes, che il gruppo Technip, leader nel settore engineering, lo aveva contattato in relazione a una proposta ricevuta dal gruppo Falck per l'assegnazione del Progetto Sicilia. In particolare Martin riferiva che a Technip, concorrente per il Progetto Sicilia, era stato richiesto di pagare un non meglio specificato importo pari al 6% del valore del contratto (30 milioni di euro?) a una società svizzera appartenente alla famiglia Falck e che a seguito del rifiuto veniva estromessa dalle trattative, aggiungendo che, poco dopo l'estromissione di Technip dal processo, è avvenuta la stipulazione del contratto di Lentjes con Euroco».
Costi occulti
Altro punto assai delicato: Antonino Craparotta avrebbe riferito nel settembre 2006 a un amministratore di Lentjes che nel prezzo dei lavori acquisiti dai tedeschi «erano inclusi anche 15 milioni chiesti a Pianimpianti dal gruppo Falck per la copertura di non meglio definiti "costi" sostenuti da quest'ultimo per ottenere una partecipazione» in due delle società intestatarie delle convenzioni con la Regione. Le convenzioni davano diritto a una concessione ventennale per il servizio di trattamento e di utilizzo dei rifiuti solidi urbani in processi di termovalorizzazione.
Falck smentisce
Interpellata dal Sole 24 Ore, una fonte vicina al gruppo Falck ha smentito in modo categorico ognuna di queste affermazioni. L'azienda, che chiede alla Regione siciliana un risarcimento complessivo di 373 milioni, batte su tre punti. Primo: sostiene di non essere in alcun modo parte in causa, né di essere stata mai citata in giudizio, nella disputa tra Pianimpianti e Gea. Secondo: dichiara che Euroco non appartiene e non è mai appartenuta al gruppo Falck e che non risultano transazioni di alcun tipo, né commerciali né finanziarie, tra la società inglese e il gruppo o sue controllate. Terzo: nega risolutamente di avere mai chiesto e tanto meno ricevuto da Pianimpianti i 15 milioni. La stessa fonte precisa che Pianimpianti insieme a Lentjes, successivamente acquisita da Gea, era un fornitore delle società-progetto e che i lavori per i termovalorizzatori non furono mai ultimati.
A chi giova l'emergenza
In assenza di una verità giudiziaria, che a distanza di così tanto tempo rischia di essere una chimera, resta comunque valido l'allarme lanciato a suo tempo dalla Commissione parlamentare d'inchiesta contro le ecomafie. In un passaggio della sua relazione, la Commissione metteva in evidenza come la vicenda dei termovalorizzatori fornisse «uno spaccato allucinante della situazione in Sicilia, perché dimostra come la criminalità organizzata abbia una strordinaria capacità di avere contezza di quelli che sono gli affari e questo presuppone l'esistenza di un'area di contiguità estremamente estesa e consolidata che abbraccia interi settori delle professioni, della politica e della pubblica amministrazione». La stessa Commissione metteva in guardia politica e istituzioni dalla ricorrente e deleteria prassi di dichiarare o reiterare in continuazione lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Argomento quanto mai attuale in una Sicilia e in un Sud dove ciò che dovrebbe rappresentare l'eccezione finisce sempre per diventare la regola, dove la provvisorietà e la precarietà diventano sistema, dove non c'è azienda, ente, istituto, fondazione, Comune, Provincia che non abbiano un commissario ad acta. Con il risultato di distorcere le regole di mercato, già fortemente schiacciate dal parassitismo e dal clientelismo; di alimentare l'illegalità, di creare nuovi varchi alla mafia. Che con le emergenze, cioè con la possibilità di distribuire appalti, commesse, consulenze derogando dalle leggi, ovvero creando corsie preferenziali agli "amici", è sempre andata splendidamente a nozze.
SECONDA PUNTATA - FINE
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