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Il fondo azzurro chiede spazio con Pellegrino: «A Sochi senza paura di nessuno»

Federico Pellegrino (Ap)Federico Pellegrino (Ap)

Il fondo azzurro non vuole rassegnarsi alla parte del perdente, più volte annunciata e temuta alla vigilia olimpica. Con Giorgio Di Centa in forma precaria e pochissimi volti nuovi, la carta su cui puntare si chiama Federico Pellegrino. Tra lui e Di Centa corrono quasi quattro lustri. Pellegrino ha 23 anni contro i 41 del friulano. In mezzo c'è tutto lo spazio per la carriera di un fondista. È il buco dell'Italia che sta cercando il prossimo campione.

Pellegrino è il talento emergente, la nostra punta nelle gare veloci a tecnica libera. Grazie ai podi di Oberhof e Nove Mesto, ha indossato la maglia di leader della classifica sprint. Purtroppo l'ha appena ceduta al tedesco Josef Wenzl nella prova di Dobbiaco. Complice la sfortuna: nei quarti di finale ha perso un bastoncino per il contatto con un avversario, chiudendo poi al sedicesimo posto. Sochi sarà il suo primo appuntamento a cinque cerchi, a caccia del massimo gradino del podio su cui non è ancora salito. Così ilsole24ore.com ha sentito Pellegrino prima della partenza in Russia, facendosi raccontare speranze e incognite con cui affrontare l'evento.

Pellegrino, con il podio di Nove Mesto a gennaio ha fatto sbilanciare il suo allenatore, che ha parlato di «consacrazione definitiva». Perché è stato un punto di svolta?
Perché fino a quel momento mi era mancata la continuità, anche se erano già arrivati dei buoni risultati. Era difficile riconfermarsi dopo il podio al Tour de Ski.

All'inizio della stagione si sarebbe aspettato di lottare per la classifica sprint in Coppa del mondo?
Lo sognavo ma non avrei mai immaginato di riuscirci adesso. Pensavo fra tre o quattro anni, diventando più costante. Devo anche ringraziare il calendario favorevole con più sprint a tecnica libera, anche se dopo diverse gare non si può parlare solo di fortuna. Mancano tre prove toste. M'impegnerò al massimo per conquistare la coppa.

Ora però c'è la sua prima Olimpiade. Pensa di essere già pronto per una medaglia?
Gli avversari saranno gli stessi che incontro tutto l'anno. Sono già riuscito a batterne parecchi e non ho paura di continuare a provarci. Quello che un po' mi spaventa, l'incognita, è che mai ho vissuto un evento così importante. Non so come reagirò.

Sul suo sito web ha scritto: «Rispetto per tutti, paura di nessuno». Nemmeno di russi e norvegesi che sono fortissimi?
Quella era la frase che mi diceva il mio allenatore, quando gareggiavo le prime volte in Coppa del mondo. Sei forte, puoi provare a batterli. Non devi sentire paura a priori perché sono più grossi di te. Sono piccolo ma tosto!

Come sarà il campo di gara a Sochi?
La difficoltà maggiore di Sochi è il continuo cambiamento della neve, essendo una località sul mare. Un giorno possono scendere metri di neve e quello dopo esserci sole e vento. Il tracciato della pista mi piace molto, è duro, con delle belle salite. Potrò giocare al meglio le mie carte.

Quando si pensa al fondo italiano spunta subito il problema del lento ricambio generazionale: perché i giovani scarseggiano?
Ricordiamoci che l'anno scorso l'Italia in Coppa del mondo è stata la quinta nazione più forte. Certo siamo indietro rispetto alla generazione di dieci anni fa, quando bastavano campioni come Di Centa o Piller Cottrer per sopravvivere. Siamo ancora aggrappati ad atleti con trenta o più anni perché c'è un buco, penso alle classi dal 1984 al 1988. Il bacino del fondo in Italia è piccolo, può succedere che per un po' non saltino fuori grandi atleti.

Difatti Giorgio Di Centa resta il monumento della squadra azzurra. C'è una qualità che vorrebbe rubargli?
Sicuramente la tenacia. È la sua caratteristica che cercherò d'imitare. Perseverare, tenere duro in tutti gli allenamenti, arrivare a 41 anni ed essere competitivo.

Allora se dovesse proiettarsi nel futuro di qualche anno, come si vedrebbe?
Con il collo appesantito! (Ride). Quello è un sogno. Vorrei gareggiare sempre ai massimi livelli ed essere un pizzico più vincente.

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