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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2014 alle ore 06:43.

Perdite per 32-42 miliardi
Purtroppo, però, l'Italia è ben lontana da questo circolo virtuoso. Per un motivo molto banale: le banche hanno accumulato così tanti crediti deteriorati, a causa della pesante recessione, che non riescono a svalutarli correttamente in bilancio. Insomma: per evitare di incassare perdite eccessive, continuano a sopravvalutare questi crediti.
Nel 2007 – calcola R&S Mediobanca – le prime nove banche italiane accantonavano il 50,7% del valore lordo dei crediti andati a male. Oggi – secondo altre stime – questa percentuale è decisamente più bassa, intorno al 40%: questo significa che nei loro bilanci ci sono ancora molte altre perdite potenziali. Prevede Standard & Poor's che entro la fine del 2014 gli istituti italiani dovrebbero incassare perdite per ulteriori 32-42 miliardi di euro.
Il mercato delle sofferenze
Se le banche non svalutano, non possono vendere ai tanti investitori specializzati in debito «deteriorato» questo tipo di finanziamenti. Per un motivo semplice: questi investitori acquistano solo a prezzi bassi, in modo da guadagnare con il recupero-crediti più di quanto pagato. «Il mercato non decolla innanzitutto perché i prezzi offerti dalle banche e quelli proposti dagli investitori sono ancora distanti», osserva Paolo Strocchi, presidente di Fbs, società che proprio ieri ha concluso un'operazione sui crediti deteriorati con Unipol. «E non decolla anche perché le banche non riescono tutt'ora a fornire agli investitori tutte le informazioni necessarie sul portafoglio che intendono vendere».
Eppure ci sarebbero molti investitori pronti a comprare questo tipo di crediti. Secondo un recente studio di Ernst & Young la principale strategia degli hedge fund nel 2013 è stata quella di investire in debito «disressed» (cioè in sofferenza). Eppure questi investitori guardano tutt'ora ad altri Paesi: solo il 9,3% degli investitori specializzati – stima E&Y – considera l'Italia un mercato prioritario per questo tipo di investimenti. Svalutare i crediti e razionalizzare la loro gestione, dunque, significa avvicinare il valore di bilancio al prezzo di mercato. Significa permettere alle banche di cedere crediti in sofferenza.
La «pulizia» nei bilanci 2013 in vista del check-up della Bce, sebbene doloroso nell'immediato, potrebbe dunque facilitare questo processo. Questo da un lato sarebbe positivo, perché aumenterebbe la possibilità di erogare credito da parte delle banche. Dall'altro, però, vendere crediti in sofferenza non è semplice: la banca cedente deve assicurarsi che il compratore non intenda usare metodi aggressivi di recupero, perché questo metterebbe in ulteriore crisi famiglie e imprese. Dietro ai crediti problematici ci sono famiglie e imprese: qualunque soluzione venga adottata, non deve dimenticarlo.
m.longo@ilsole24ore.com
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