Notizie SportOlimpiadi, quelle mille similitudini tra Sochi 2014 e Mosca 1980
Olimpiadi, quelle mille similitudini tra Sochi 2014 e Mosca 1980
dall'inviato Antonella Scott | 7 febbraio 2014
SOCHI - «Questo evento - è scritto nella lettera - costerà una somma colossale di denaro. E potrebbe procurarci ogni tipo di scandalo. Forse dovremmo riconsiderare l'idea e declinare l'invito a organizzare le Olimpiadi».
No, non è Vladimir Putin che parla, assalito all'improvviso dai dubbi sulla via di Sochi. La lettera scritta da Leonid Brezhnev nel 1975, e ripubblicata dagli Archivi federali russi, era indirizzata a Konstantin Chernenko, l'uomo che sarebbe diventato segretario generale del Pcus subito prima di Mikhail Gorbaciov. Probabilmente le preoccupazioni di Brezhnev erano fondate: quattro anni dopo l'Urss invase l'Afghanistan e si vide di conseguenza boicottare le Olimpiadi dalle potenze occidentali, Stati Uniti in testa, ma anche dalla Cina, mentre l'aggravamento della crisi economica interna avrebbe accelerato, nel decennio successivo, la fine dell'Unione Sovietica.
Putin non avrebbe tentennato mai, malgrado il conto delle prime Olimpiadi invernali russe - ormai la cifra sulla bocca di tutti è di 51 miliardi di dollari - farebbe impallidire i 2 miliardi di rubli che si suppone siano stati spesi 34 anni fa. Al di là di questo, malgrado la distanza che il leader del Cremlino tiene a segnare tra il Paese di un tempo e la sua nuova Russia, tra la Mosca di allora e la Sochi di oggi ci sono tante somiglianze, e non solo nel numero, Ventiduesima Olimpiade estiva e oggi invernale. Tanto che, se si cammina per il Villaggio olimpico sovrapensiero, può capitare di immaginarsi ancora immersi in quei tempi.
Li ricorda per esempio una babushka imbronciata chinata in due a pulire le scale di uno degli ingressi di uno dei tanti alberghetti per giornalisti, a mezzanotte passata, la porta che dà su un cortile dall'inconfondibile sapore russo anche se all'ultimo minuto, in tutta fretta, hanno sistemato dei montascale per disabili ancora imballati, impossibile immaginare che qualcuno riesca a utilizzarli.
E' di sapore antico a Sochi anche la montagna burocratica che si erge a ogni problema, e l'evidente incapacità di prendere una decisione senza il consenso della persona al vertice di un'invisibile gerarchia. E se a Mosca furono 61 i Paesi che decisero di boicottare i Giochi, a Sochi ci saranno tutti, 87 più uno, l'India, che potrà soltanto far sfilare i propri tre atleti sotto il nome di "Paese partecipante" perché sospesa dal movimento olimpico per sospetta corruzione. Ma il boicottaggio è nell'aria, incarnato nella scelta di tanti leader politici assenti per protestare contro l'atteggiamento russo nei confronti degli omosessuali e le leggi che limitano la libertà di espressione.
A Sochi è facile ritrovare un'altra caratteristica propria di Mosca 1980, trasformata allora in un villaggio Potiomkin non soltanto nell'aspetto ma anche con l'allontanamento di persone indesiderate, criminali o prostitute o dissidenti. Di palizzate-Potiomkin Sochi e i dintorni sono pieni: tendoni sgualciti, ma dipinti di montagne innevate, stesi sopra blocchi di cemento o cantieri rimasti a metà, ma anche palizzate di plastica finto-mattone che nascondono alla vista - chissà perché - le casette dei villaggi. Ma, cosa più grave, come i mendicanti cacciati allora anche oggi hanno fatto piazza pulita di chi non rientra nello scenario da presentare al mondo. Ceceni e daghestani, migranti caucasici illegali sono stati espulsi da tempo, raccontano a Sochi. Per ragioni di sicurezza, dicono.