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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2014 alle ore 13:59.
L'ultima modifica è del 07 febbraio 2014 alle ore 15:05.

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Ivan Lendl, Stefan Edberg e Boris BeckerIvan Lendl, Stefan Edberg e Boris Becker

Come non ricordare, allora, le tre mitiche finali di Wimbledon giocate da Becker ed Edberg tra il 1988 e il 1990? Oppure l'atto conclusivo del Masters dell'88 quando il tedesco, con una palla incredibilmente fermata dal nastro proprio sul match-point, ebbe la meglio al tie-break del quinto su Lendl?

Gli anni sono passati per tutti ma hanno lasciato segni diversi. Un Lendl ingrassato e con i capelli più radi ma riservato e poco incline al sorriso come sempre, conserva lo sguardo impassibile, al limite dell'inespressività, mentre segue Murray da un torneo all'altro. Edberg è invecchiato benissimo al punto che ci si potrebbe illudere di vederlo scendere in campo ed impugnare la racchetta da un momento all'altro. Non a caso nel 2009 Wilander, che capitanava la squadra svedese, arrivò a dichiarare che lo avrebbe ancora potuto convocare in Davis.

Con Becker, invece, il tempo non è stato altrettanto clemente. Gonfio, il volto segnato dai lifting, recentemente è apparso anche in un programma trash della tv tedesca dove lo abbiamo visto addirittura trasformarsi nel bersaglio di un lancio di frutta e verdura.
Fuori dal campo, Boris finì spesso in mezzo a polemiche e scandali mentre Stefan e Ivan fecero parlare ben poco di loro. Destini diversi che tornano ad incrociarsi, ancora una volta sulle strade del tennis. Resta da vedere con quali risultati.

Il primo a scegliere di vestire i panni del coach è stato Lendl e il suo lavoro ha già dato ottimi frutti. Allenatore di Murray da un paio d'anni, l'ex-numero uno lo ha aiutato a centrare le prime vittorie negli Slam. E chi meglio di lui, che dovette giocare 5 finali per sollevare il primo trofeo di un major, poteva aiutare lo scozzese a sfatare il medesimo tabù? Sarà un caso ma Andy ha vinto il primo Slam alla quinta occasione.

Non solo, come coach, Lendl è anche arrivato, finalmente, a "vincere" Wimbledon. Quei Championships che gli furono sempre vietati, nonostante gli sforzi titanici compiuti con volontà di ferro, fino a rendere profetiche le parole da lui pronunciate nell'89: «Mi spiacerebbe passare alla storia come uno che ha vinto tutto, tranne Wimbledon». D'altro canto, se per lui le porte dello Slam londinese rimasero chiuse, Boris e Stefan non poterono mai andare a segno sulla terra rossa di Parigi.

Tornando al presente, le scelte compiute da Federer e Djokovic sono troppo recenti per poter tentare qualsiasi bilancio, anche parziale. Certo vedere Edberg all'angolo dello svizzero fa un certo effetto e invita a una serie di riflessioni. Per prima cosa, sembra un'ulteriore prova del fatto che Roger, a 32 anni compiuti, sia sempre intenzionato a fare sul serio. Subito dopo, però, viene da chiedersi che cosa chiunque possa dare, sul piano tattico, a un tennista come Federer, per di più vicino alla fine della carriera. È vero, comunque, che anche i più grandi hanno bisogno, in alcuni momenti, di qualcuno che possa dare i consigli giusti al momento giusto. E di certo lo svizzero ripone grande fiducia in un uomo che, come lui stesso ha sottolineato, da bambino considerava "il suo idolo".

La coppia più strana rimane quella formata da Djokovic e Becker. Il tedesco è stato uno straordinario campione ma, fuori dal campo, di sicuro non si è distinto per saggezza e lungimiranza. Il suo gioco, inoltre, era completamente diverso con quello del serbo. E se questo potrebbe semplicemente significare che Nole è intenzionato a migliorare proprio nei colpi che furono le armi migliori di Boris, servizio e volée, non manca chi bolla il singolare sodalizio come una mera trovata pubblicitaria.

Nel frattempo, pur trasportati da questo impetuoso fiume di ricordi, non possiamo fare a meno di notare che in finale, a Melbourne, c'erano due giocatori sprovvisti di ex-campioni nei rispettivi box. E se all'angolo di Wawrinka sedeva Magnus Norman, che almeno una volta è stato finalista al Roland Garros, il re del tennis Rafa Nadal non ha bisogno di leggende viventi a fargli da coach. A lui basta uno di famiglia: il fratello di papà, ovvero l'inseparabile zio Toni…

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