Notizie SportInnerhofer d'argento in discesa libera. Prima medaglia per l'Italia
Innerhofer d'argento in discesa libera. Prima medaglia per l'Italia
di Luca Re con articoli di Antonella Scott | 9 febbraio 2014
Olimpiadi Invernali Discesa libera maschile nella foto: Christof Innerhofer, medagla d'argento.
Alle Olimpiadi c'è sempre qualcuno che acchiappa il sogno proibito, rubandolo al vincitore annunciato. La discesa libera maschile di Sochi ha confermato la legge a cinque cerchi: spesso i risultati visti in Coppa del mondo si ribaltano. Così a trionfare è Matthias Mayer, l'austriaco di 23 anni mai salito sul gradino più alto del podio. Il miglior piazzamento quest'anno nella gara regina della velocità era il quinto di Bormio. Figlio d'arte (il papà Helmut conquistò un argento a Calgary 1988), ha saputo interpretare al meglio tutti gli spezzoni di quel film adrenalinico che è la pista russa di Rosa Khutor. La prima parte più ripida e tecnica, la seconda più scorrevole, tra curve ghiacciate, salti da paura e dossi che potevano bruciare le gambe a chiunque.
Primo podio olimpico per l'italiano
Il sogno più bello però appartiene a Christof Innerhofer, anche lui partito con zero podi in questa stagione. Il suo urlo al traguardo è liberatorio: yes, yes, yeeesss ripeteva allungando quel sì gridato in inglese davanti alle telecamere di tutto il mondo. Tanti punti esclamativi per un argento che s'inserisce magicamente tra l'oro storico di Zeno Colò (era il 1952 a Oslo) e il bronzo a Innsbruck di Herbert Plank nel 1976. È la prima medaglia italiana di Sochi, a rompere subito il ghiaccio nello sci alpino, che a Vancouver tribolò fino all'oro salvifico di Giuliano Razzoli in slalom. Oggi ha pagato davvero la tattica dell'altoatesino, collezionista di tre metalli iridati a Garmisch. Eccolo di nuovo Winnerhofer, a colmare un digiuno olimpico più che trentennale per la velocità azzurra. Nelle prove era sceso col freno tirato. Ho sciato "molto easy" aveva detto mentre gli altri gli sfrecciavano davanti. Perché l'importante era prendere confidenza con la neve, misurare ogni angolo del tracciato, senza stancarsi troppo.
C'era il rischio di rimanere un po' imbambolato ma Innerhofer pensava unicamente a divertirsi. È il suo asso nella manica, il divertimento. Solo così riesce a sconfiggere il mal di schiena che lo affligge, ad allenarsi con costanza, a graffiare la pista quando tutto quello che è fuori del podio, non conta più. Appena sei centesimi di secondo hanno consegnato l'oro a Mayer. «È uguale, per me è come aver fatto dieci vittorie», ha commentato con la gioia di chi sa di essere entrato nella storia dello sci alpino. Bene anche il resto della squadra: settimo Peter Fill, undicesimo Dominik Paris davanti a Werner Heel. Il bronzo invece è andato al norvegese sbagliato. Tutti attendevano Mazinga Svindal, il dominatore della classifica nel circo bianco, finito però quarto. Terzo è Kjetil Jansrud, già argento in gigante a Vancouver.
La delusione di Bode Miller
Infine c'è il più deluso di tutti, Bode Miller. Pure lui aveva un sogno: acciuffare la sesta medaglia olimpica, puntando all'oro nella velocità dopo il bronzo in Canada. Sarebbe stato il campione più anziano della specialità (36 anni per l'americano). Purtroppo per lui ha centrato la discesa perfetta nell'ultima prova cronometrata. Il suo jolly l'ha sprecato lì, stracciando tutti un giorno prima del dovuto. Tattica inversa a quella di Innerhofer: voleva stupire gli avversari, dimostrare che era tornato per un podio. Potrà riprovarci, magari in supercombinata, ma lo sconforto all'arrivo era palpabile. Era partito come un missile, con la sua inconfondibile sciata da equilibrista folle, capace di staccare tempi da capogiro. Poi s'è arreso nel finale. Mayer era già sceso e dal primo posto non l'avrebbe schiodato più nessuno. Miller ha chiuso ottavo, con un ritardo di mezzo secondo. Non ci voleva credere, proprio come Innerhofer non credeva di vivere il suo sogno.
