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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 13:29.

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Corsi e ricorsi storici. Non solo quello dell'ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro che questa mattina è tornato a indossare la toga per assistere, da avvocato, il suo partito «Italia dei Valori» costituitosi parte civile, ma anche ricostruzioni, sospetti e ipotesi investigative che si rincorrono da almeno un quinquennio nei palazzi della politica e in quelli di giustizia. Sergio De Gregorio è stato corrotto da Silvio Berlusconi per passare, al tempo del Governo Prodi, dal centrosinistra al centrodestra?

Il primo bluff di De Gregorio. Oggi si è aperto il processo che dovrà accertare la solidità delle prove raccolte della Procura di Napoli. Ma già nel febbraio 2008, indagando su una ipotesi di riciclaggio mafioso a carico di De Gregorio, l'ufficio giudiziario partenopeo aveva ipotizzato un'accusa di corruzione per lo stesso parlamentare e per Silvio Berlusconi. A differenza di oggi, in quell'occasione, l'ex dipietrista si difese dicendosi vittima innocente di un teorema giudiziario: «Indicare come atto di corruttela una solenne adesione ad un progetto politico, del quale ho preso parte fin dal 1994, mi appare una forzatura abnorme».

Il procedimento per corruzione fu poi trasferito a Roma per competenza territoriale con relativa richiesta di archiviazione. Non c'erano prove, allora, che il cambio di casacca dell'ex giornalista napoletano fosse stato ottenuto con bonifici o promesse economiche da parte del Cav.

Il senatore reo confesso. Quasi cinque anni dopo, e più precisamente il 28 dicembre 2012, cambierà completamente lo scenario. De Gregorio, già sott'inchiesta per i fondi milionari all'Avanti di Valter Lavitola, si presenterà spontaneamente ai pm napoletani per ammettere ciò che prima aveva sdegnosamente smentito. E cioè che, a latere del patto elettorale tra il nascente Pdl e il suo movimento «Italiani nel mondo», che prevedeva un contributo ufficiale di 1 milione di euro, erano stati versati altri 2 milioni in nero.

Il sabotaggio del Governo. «L'accordo con Berlusconi prevedeva come mia obbligazione che io contribuissi al “sabotaggio” del Governo Prodi, votando sistematicamente contro la maggioranza che lo sosteneva – disse l'ex parlamentare, non più ricandidato alle politiche del 2013 –. Io dovevo rimanere “saldamente legato” a Forza Italia per effetto del patto e dei versamenti complessivi da parte di Berlusconi per il tramite di Lavitola». Un asse rinsaldato non solo dalla comune estrazione politica liberale, ma – sospettano i pubblici ministeri – dal vincolo economico tra corrotto e corruttore. «Il mio sostegno alle posizioni di Berlusconi fu totale, tant'è vero che io votai contro la fiducia al Governo Prodi in sede di approvazione della legge finanziaria, mentre ero in barella a seguito di una calcolosi renale – raccontò ancora De Gregorio ai magistrati inquirenti –. Anzi, ricordo che Berlusconi in persona venne a trovarmi, insieme a Lavitola, mentre ero ricoverato presso la clinica Annunziatella di Roma nel dicembre 2007, se ben ricordo, ed io gli assicurai proprio che avrei votato contro Prodi “anche in barella”».

Seguiranno mesi di frenetica attività investigativa con nuovi interrogatori (nei quali De Gregorio spazierà dalla liberazione dei militari israeliani nelle mani di Hezbollah ai suoi rapporti con i servizi segreti italiani e statunitensi, dalle false fatturazioni per la truffa sui fondi per l'editoria ai processi del Cav e, in particolare, quelli che coinvolgevano anche il produttore cinematografico Frank Agrama) e con analisi dettagliate dei documenti e dei conti correnti bancari.

No al giudizio immediato. La Procura non riuscirà, però, a ottenere il giudizio immediato per Berlusconi e Valter Lavitola, entrambi accusati di corruzione nelle vesti – il primo – di finanziatore e – il secondo – di mediatore. E questo perché per il gip Marina Cimma, come scritto nell'ordinanza del 18 marzo 2013, manca la prova evidente dell'accordo corruttivo tra l'ex dipietrista e Berlusconi. D'altronde, lo stesso De Gregorio aveva ammesso ai pm che l'attività di opposizione al Governo Prodi in qualità di presidente della Commissione Difesa di Palazzo Madama derivava anche da motivazioni ideologiche e da «gretto interesse politico», volendo egli attingere al bacino elettorale delle Forze armate. Il rinvio a giudizio arriverà qualche mese dopo, il 23 ottobre ad opera del gup Primavera. Agli atti del procedimento ci sono, tra gli altri, i verbali di Romano Prodi, Antonio Di Pietro, Anna Finocchiaro e Gianfranco Fini.

Prodi sentito dai pm. In particolare, è stato Romano Prodi a ricostruire ai pm l'atmosfera che si respirava a quel tempo.

«La situazione politica era propizia a siffatte manovre occulte in quanto la maggioranza al Senato, senatori a vita esclusi, era di pochissime unità. Traghettando pochi senatori dalla maggioranza all'opposizione era possibile fare cadere il Governo e modificare il quadro politico. Il dato politico oggettivo era che De Gregorio era stato eletto presidente della commissione Difesa coi voti dell'opposizione in blocco (più il suo stesso voto). Questa circostanza era per me significativa del fatto che il Governo e la maggioranza non potevano contare con certezza sull'appoggio del senatore De Gregorio che, evidentemente, immagino, era in grado di collegarsi con l'allora opposizione. Per noi del Governo, il suo voto era un punto interrogativo».

Il mistero della cassetta. Nei mesi scorsi, anche Di Pietro è stato sentito dai pm non solo riguardo al passaggio di De Gregorio al centrodestra, ma anche e soprattutto in relazione alle manovre di avvicinamento che l'ex senatore di «Italia dei Valori» aveva condotto con un altro collega di Palazzo Madama, Giuseppe Caforio (anche lui del partito del gabbiano). Caforio si presentò all'appuntamento con De Gregorio con un piccolo registratore tascabile e impresse su una cassetta l'offerta economica che il parlamentare gli avanzò: 5 milioni di euro per mandare a picco l'Esecutivo del Prof votando no alla fiducia. Quella cassetta, Caforio, la consegnò – lui dice – all'ex pm molisano ma purtroppo poi se ne sono perse le tracce.

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