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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2014 alle ore 13:03.
L'ultima modifica è del 12 febbraio 2014 alle ore 16:04.

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L'ingaggio di Julio Cesar a parametro zero nel gennaio 2005. Ma pure l'arrivo di Maicon, pagato 6 milioni e quotato quasi cinque volte tanto un paio di stagioni dopo, del connazionale Lucio, vestito di neroazzurro in cambio di 5 milioni o poco più versati al Monaco (titolare del cartellino anche di Maicon), degli argentini Walter Samuel ed Esteban Cambiasso, ex prime donne del Real Madrid lasciati partire dalla Spagna con il sorriso e rimpianti ancora oggi. E cosa dire dell'operazione Ibrahimovic-Eto'o, affare di campo e di moneta che il Barcellona ha clamorosamente fallito per la gioia dei tifosi interisti? Il responsabile di questi colpi da copertina si chiama Marco Branca e dall'otto febbraio scorso non è più l'uomo mercato dell'Inter, il club che per dodici anni l'ha reso protagonista di stagioni indimenticabili e di scivoloni più o meno dolorosi. Per Massimo Moratti, di cui Branca è stato il referente fidatissimo nelle scelte tecniche e di spogliatoio, il siluramento del suo ex braccio destro è stato un atto quasi necessario pure se spiacevole: «Il cambio di proprietà porta queste cose», le parole di commiato che segnano la fine di un'epoca e ne aprono un'altra. Ieri era Moratti, oggi è Thohir. Cambia il comandante, cambia (meglio, cambierà) l'equipaggio.

Una decisione nell'aria da tempo. Dell'addio di Branca dalla stanza dei bottoni dell'Inter si parla da almeno tre anni. Da quando cioè José Mourinho fece le valigie carico di trofei per sposare la causa del Real Madrid, in cerca di un condottiero capace di restituire gioie ed entusiasmo a uno dei club più titolati del pianeta. Via l'uomo dei triplete, dentro tanti giocatori che avrebbero dovuto garantire la continuità di un progetto vincente. La modalità piace, funziona e convince: Branca sceglie e Moratti avalla. Firmando bonifici generosi in linea con i suoi trascorsi di presidente tifosissimo e munificissimo. Qualcosa però non torna. Perché i risultati non arrivano e i tifosi cominciano a perdere la pazienza. Sul banco degli imputati, manco a dirlo, c'è spesso e volentieri lui, Branca, titolare indiretto eppure imprescindibile della stagione del primato internazionale neroazzurro, ma anche responsabile di investimenti tutt'altro che esaltanti e soprattutto primo firmatario dell'allontanamento (estate 2010) di Lele Oriali, una delle bandiere del pallone in salsa neroazzurra, che se ne andò dalla Pinetina sbattendo la porta per via di un contrasto mai sanato proprio con il suo vicino di scrivania.

Lo scambio (mancato) Vucinic-Guarin, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Si dice che Thohir abbia dato il benservito a Branca per via della marmellata di fragole travestita da operazione di mercato imbastita sull'asse Milano-Torino. I fatti sono noti. L'Inter voleva Vucinic e aveva dato il semaforo verde alla Juve per Guarin. Scambio di cartellini a costo zero, o quasi. Poi, l'imprevedibile. Il tifo neroazzurro si mobilita sul web e spinge come può per fermare l'affare. Che salta via telefono dall'Indonesia, tra lo stupore più o meno celato di tutti i dirigenti coinvolti. La Curva Nord chiede la testa di Branca e Thohir ne approfitta per dare il via alla fase 2 della sua nuova avventura come plenipotenziario del club. Inizia il rinnovamento nei piani alti della società e l'ex braccio destro di Moratti si fa da parte senza far troppo rumore. Al suo posto, viene promosso Piero Ausilio, che però potrebbe presto, magari prima della fine della stagione, lasciare le chiavi dell'ufficio mercato a uno dei quattro direttori sportivi di cui si parla insistentemente da qualche giorno. Ecco i nomi: Lele Oriali (a volte ritornano), Daniele Pradè (ds della Fiorentina), Leonardo (ex Paris Saint Germain ed ex allenatore dell'Inter nel dopo Mourinho) e Walter Sabatini (ds della Roma). A uno di loro, Thohir girerà le consegne per rilanciare la squadra in Italia e in Europa. Il budget a disposizione, dicono i bene informati, sarà di quelli da sfregarsi le mani per l'abbondanza. Dicono.

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