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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2014 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 17 febbraio 2014 alle ore 12:21.

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Le modalità con cui i fondi pensione gestiscono i contributi dei loro aderenti dovranno essere ancor più determinate dalla responsabilità di chi li guida di conoscere e gestire i rischi connessi. È quanto emerge dallo schema di regolamento ministeriale di attuazione dell'articolo 6 comma 5-bis del decreto legislativo 252/2005, emanato dal ministero dell'Economia; si tratta del testo che riforma del decreto 703 che dal 1996 definisce, appunto, criteri e limiti di investimento dei fondi pensione, oltre che la normativa relativa ai conflitti di interesse. Commenti e osservazioni allo schema di decreto – atteso dal settore da diversi anni, più volte giunto in prossimità dell'emanazione senza mai arrivarci – hanno fatto seguito alla bozza pubblicata dal Ministero dell'Economia nel maggio 2012.

Nel merito, il nuovo schema pone con forza l'accento sul risk management dei fondi pensione e sulla responsabilità in merito di chi li guida. La disciplina sulla gestione degli attivi di fondi pensione negoziali, aperti e Pip si basa sul principio della "persona prudente" che persegue l'ottimizzazione del rapporto redditività-rischio attraverso lo sviluppo di criteri di adeguata professionalità, attenzione ai processi, conoscenza e gestione dei rischi inerenti gli investimenti. Lo schema in consultazione sottolinea l'importanza di ricorrere a «strutture organizzative-professionali, interne ai fondi, e a processi decisionali adeguati e proporzionati alle masse amministrate e alla politica di investimento che il fondo intende adottare». Secondo quanto indicato nel testo, in capo alle strutture sarà il compito di tener conto non solo dei rischi finanziari ma anche quelli operativi e reputazionali.

Il fondo pensione dovrà quindi definire gli orizzonti di rischio-rendimento più adeguati agli obiettivi del fondo e indicando il limite massimo di rischio tollerabile (budget di rischio, perdita massima potenziale) relativamente ai singoli investimenti e complessivamente all'intero portafoglio.

L'aspetto che più degli altri caratterizza questo testo riguarda i limiti quantitativi – determinanti nella normativa in vigore –, che alla vigilia sembravano dover lasciare spazio al ruolo affidato alla governance dei fondi pensione stessi. L'articolo 5 dello schema in consultazione indica i vincoli di investimento per le forme previdenziali: non oltre il 20% del patrimonio in fondi chiusi o alternativi (hedge), non oltre il 30% in strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati, in merci non oltre il 5%, esposizione valutaria al netto di coperture entro il 30 per cento. Indicazioni importanti anche riguardo la possibilità di investire in Paesi emergenti, possibilità finora preclusa ai fondi pensione italiani nonostante il ruolo centrale di queste economie nel contesto internazionale. In Paesi non Ocse si potrà investire ma con un limite del 10% per patrimonio in strumenti finanziari emessi da soggetti appartenenti a un unico gruppo e del 5% in strumenti emessi da un unico soggetto.

Il testo affida poi alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) il compito di stabilire i casi in cui i limiti posti possano essere superati o resi più stringenti. Covip, lo ricordiamo, in vista di questa riforma ha emanato il 16/3 scorso una delibera che obbliga i fondi pensione a presentare all'autorità di vigilanza un documento relativo al processo di attuazione della politica di investimento. Per quanto riguarda i conflitti di interesse lo schema di regolamento ministeriale prevede che, in linea con la disciplina europea Mifid, questa evenienza debba in ogni caso essere prevenuta e in caso permanga venga comunque esplicitata.

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