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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2014 alle ore 14:15.
L'ultima modifica è del 15 febbraio 2014 alle ore 14:50.

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Federico Pizzarotti (Ansa)Federico Pizzarotti (Ansa)

«Il personale si astiene dall'esprimere, anche nell'ambito dei social network, giudizi sull'operato dell'Ente derivanti da informazioni assunte nell'esercizio delle proprie funzioni, che possano recare danno o nocumento allo stesso» (Articolo 7, comma 3 codice di regolamento del Comune di Parma). Tradotto, il sindaco e la Giunta a 5 Stelle di Parma hanno ragione e se non ce l'hanno pazienza perché se si viene beccati a criticarli, anche fuori dall'orario di lavoro magari durante due chiacchiere davanti a una birretta con un amico, si rischiano fino a 10 giorni di stipendio. Non fosse che siamo sicuri di essere nel 2014 e non fosse, pure, che siamo altrettanto sicuri che il diritto di critica è sancito dalla Costituzione, rischieremmo di dover cambiare, tutti, pettinatura: che tra il 1921 e il 44 le donne portavano il caschetto e gli uomini erano unti di brillantina.

Essendo però sicuri di vivere nel presente febbraio 2014 resta un gigantesco punto interrogativo davanti al codice di comportamento pubblicato dal Comune di Parma, saldamente guidato da quasi due anni dal sindaco Federico Pizzarotti, che di fatto vieta ai suoi 1.300 e rotti dipendenti il diritto al dissenso.
«No, non è così – si affretta a chiarire l'ufficio stampa (istituzionale) dell'amministrazione -. In realtà il nostro regolamento si attiene a quello diffuso a livello nazionale. Non vietiamo a nessuno di esprimere la propria opinione, anzi in un articolo di questo stesso codice invitiamo i dipendenti a rivolgersi direttamente al sindaco, o fare appello ai sindacati qualora ci sia qualcosa che non va».

E ci mancherebbe pure che un dipendente non potesse fare appello al sindacato, che già l'ex ministro Fornero ha tentato di far vacillare l'articolo 18. Comunque resta l'evidenza che il dissenso deve rimanere circoscritto all'interno delle quattro mura istituzionali, che non può essere espresso su un social network e, peggio che mai, con una terza persona esterna all'amministrazione. «Ma questo - continua l'ufficio stampa - è normale: chiunque, nell'esercizio delle sue funzioni, nuoccia all'immagine del Comune non agisce in maniera corretta e per questo è passibile di una sanzione».

D'accordo, ma fuori dall'orario di lavoro, smessi quindi i panni dell'impiegato o del dirigente, che uno non può essere 24 ore al giorno impiegato del catasto? «Dipende - tenta di spiegare ancora l'ufficio stampa - ma, via, non stiamo facendo la caccia alle streghe, qui, non è che stiamo a guardare tutto quello che dicono o scrivono 1.300 persone».

Milletrecento persone che comunque non possono nemmeno parlare con la stampa: «Ma questo è per tutelarli - insiste il portavoce del Sindaco -. Metti che una persona non esperta in comunicazione si ritrovi con un microfono e una telecamera puntati in faccia e venga indotto a parlare, magari di cose sulle quali non ha competenza, potrebbe recare un danno innanzitutto a se stesso».

Tra protezionismo e censura, perché poi alla fine il codice di comportamento li ricorda abbastanza, resta una considerazione imprescindibile: il Movimento 5 Stelle ha fondato la sua fortuna proprio sul sacrosanto diritto alla critica e al dissenso, anche di quelle stesse istituzioni al cui interno opera. «Certo - conclude l'ufficio stampa del Comune penta stellato - ma è diverso: lì si tratta di fare politica». Ah, ecco: in Parlamento si può dire di tutto contro tutti, ma in un ufficio comunale no: testa bassa e lavorare, in silenzio, possibilmente.

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